martedì 25 marzo 2014

                           UNO SGUARDO ALLA TURCHIA.



Sviluppo economico e opposizione di piazza.

Quando di parla di rivolte turche, la mente ricorre sempre ai fatti di Gezi Park rappresentando per molti la vera causa dell'inizio di una grande mobilitazione popolare antigovernativa.
Da marxisti, un semplice fatto del genere ( sia pure di una certa importanza) non ci basta ad inquadrare le ragioni delle mobilitazioni e dei furiosi riot turchi.
Il centro commerciale al posto degli alberi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma ciò che lo ha riempito è stata il poderoso sviluppo capitalistico che ha messo in risalto tra le masse alcune contraddizioni del sistema.
Il partito di Erdogan Giustizia e Sviluppo ha trainato la Turchia al di fuori della crisi finanziaria che colpì il paese nel 2002, iniziando uno sviluppo decennale che ha portato ad una crescita molto alta, facendo della nazione turca la diciassettesima nazione per Pil.
Intanto la stabilità della moneta e il costo relativamente basso della forza-lavoro ha portato la borghesia transnazionale a dirottare dei capitali sul suolo turco, favorendo produttività e speculazioni .
Il capitalismo nelle fasi di crescita, tutto sommato, non rende la vita migliore di quando è in crisi, provocando delle grandi differenze sociali, tra chi investe e beneficia di capitale straniero e speculazioni e chi invece è costretto a vendere la propria forza lavoro a basso costo.
Problemi non sono presenti soltanto nella classe operaia, ma anche nelle sfere della piccola borghesia legata al pubblico impiego, colpita da grandi licenziamenti.
Completa il quadro il processo di islamizzazione portato avanti da Erdogan, distruggendo la poca laicità rimasta nel paese...
I nodi sono venuti al pettine, e le masse turche sono in uno stato di grande agitazione, esprimendo soluzioni politiche in contrasto tra loro.

Una piazza variegata.

La piazza delle rivolte turche è molto variegata. Sono presenti in piazza, tutte  le componenti della sinistra borghese liberale in contrasto con la politica di Erdogan di islamizzazione.
Fanno parte di essa quelle correnti politiche di tradizione laica come i socialisti e i radicali.
Per quanto riguarda l'ala comunista e proletaria in piazza ci sono molte componenti, che vanno dal marxismo-leninismo in senso classico (TKP) ad un maoismo meno di maniera e più radicale nel confronto aperto ed infine alcune formazioni molto combattive, seppur di piccole dimensioni come il DIP, marxista rivoluzionario e alcune frange che guardano con interesse all'anarchismo.
Per quanto riguarda la classe operaia è rimasta un poco in disparte nelle rivolte delle grandi piazze, tuttavia la presenza operaia e proletaria si è sentita nei quartieri, respingendo la crescente militarizzazione di essi voluta dal governo.
In ultima analisi ci troviamo davanti a delle rivolte "popolari" non ancora mature, con evidenti contraddizioni interne, ma con una presenza proletaria non sottovalutabile.
Le frange più radicali della contestazione si sono attrezzate a dovere nel combattere la repressione di piazza, la presenza di grandi masse in lotta rende possibili mobilitazioni improvvise e spontanee che sempre culminano nello scontro. Vero, di massa.
E' proprio questa componente di massa che ci fa guardare con interesse ai processi turchi, traendo insegnamento proprio a partire dal suo carattere radicale.
La violenza espressa dalle masse o da avanguardie ad esse saldate rendono la Turchia, con tutte le sue grandi contraddizioni, uno scenario a cui guardare con attenzione.
Come fu per la Grecia, e in minor misura come sta avvenendo per la Spagna.

Concludendo il carattere di massa delle rivolte turche è il fattore più positivo che riscontriamo, all'avanguardia operaia rivoluzionaria il compito di trasportare la classe operaia all'interno dei grandi riot, conquistando una egemonia su di essa  al fine di realizzare la composizione delle grandi masse turche attorno alla classe operaia.
Questo il compito che si è prefisso il DIP (CRQI), questa è la soluzione a cui guardiamo.

                                                                                                                     L.T.-PCL Frosinone

domenica 23 marzo 2014



LA LISTA TSIPRAS: LA NUOVA POLITICA SENZA CLASSE DELLA “SINISTRA” ITALIANA




Una volta c'era il Partito della Rifondazione comunista - più o meno unitario - poi ci furono
i governi dei Prodi, poi le scissioni, poi venne l'Arcobaleno e di seguito nacque Sel di Nichi
e i suoi amici, e ci fu l'ora della lista Rivoluzione Civile con il suo vate Ingroia.
Dopo anni sconfitte arrivarono gli intellettuali ed i professori, non portarono
doni alla sinistra e ai comunisti ma..... la lista Tsipras per le europee.
Questo potrebbe essere l'incipit che i nostri nipotini leggeranno - forse - tra qualche
decennio nel libro delle favole della sinistra. Perché la c.d. Lista Tspiras è la nuova favola dove andranno a recitare il ceto politico post e neo rifondarolo ed intellighenzia sinistroide ma rigorosamente anticomunista.
Questa sinistra italiana, litigiosa e divisa, per mille motivi che qui non andremo ad elencare, per ritrovare un momento di unità che le faccia sperare di superare lo sbarramento del 4% è dovuta ricorrere al papa straniero. Perché per unirsi a questa tornata di elezioni europee, senza far ricordare al proprio elettorato il recente passato e le proprie responsabilità, è necessario parlare di Europa e solo di quello.

Inizialmente è stato Paolo Ferrero con i resti del Prc a proporre Tsipras come candidato alla presidenza della Commissione Europea come espressione del Partito della Sinistra Europea, aggregazione che unisce, in realtà in forma di coordinamento, partiti quali la Linke tedesca, il Pcf e il Parti de Gauche francesi, Izquierda Unida spagnola, oltre ovviamente il Prc e Syryza più altre formazioni minori. Ma la cosa è presto sfuggita di mano agli eterni rifondatori con l'entrata in campo di un gruppo di intellettuali e professori, fondamentalmente legati alla rivista Micromega, diretta da Paolo Flores D'Arcais ed edita dal gruppo Repubblica-Espresso, di fatto il lato sinistro del fronte politico-editoriale di Carlo De Bendetti. Questa lobby si è immediatamente autonominata comitato promotore della lista Tsipras, emarginando Rifondazione e tutti i soggetti collettivi potenzialmente interessati, ponendosi come unico ponte di comando dell'intera operazione con potere di scelta assoluto su candidature e composizione delle liste.

I garanti della lista

Cerchiamo di vedere meglio chi sono alcuni dei promotori di questa lista che pare vogliano gestire dalla A- Z questa operazione politica e poi mascherarsi dietro ad una finta democrazia para-assembleare per militanti e simpatizzanti di sinistra, ormai talmente disperati da credere a tutto, anche a 'sti quattro professori.

Paolo Flores D'Arcais - Un quarantennio fa - quando i mulini erano bianchi - è stato comunista, poi è stato uno dei grandi sostenitori della svolta di Achille Occhetto (personaggio che probabilmente non passerà alla storia per il suo acume politico); in particolare Flores D'Arcais teorizzava l'esistenza di una "sinistra dei club" che avrebbe dovuto affiancare e intersecare il PDS. Peccato che la sinistra dei club esistesse solo nella testa del nostro intellettuale, mentre il PDS è sopravvissuto ai propri fondatori e teorici solo poche sfortunate stagioni (sono invece sopravvissute le abitudini salottiere di D'Arcais). Non pago di queste brillanti operazioni, tramite la rivista Micromega, Flores D'Aircais è stato uno dei più accaniti promotori di una sinistra giustizialista vicina a di Di Pietro e al suo partito di ladroni e voltagabbana.
Marco Revelli - Dalla seconda metà degli anni '90 fino alla caduta è stato uno dei grandi
ispiratori di Fausto Bertinotti, uno degli intellettuali indipendenti dal Prc ma organici al
bertinottismo, tanto da venire eletto consigliere comunale a Torino nelle liste Prc. Il suo saggio Oltre il novecento venne definito da Luigi Pintor (che non era esattamente un bolscevico leninista) come «il libro più organicamente anticomunista che io abbia letto». Nel 2011 Marco Revelli
disegnò il governo Monti come l'arrivo dei salvatori della patria: “(...) politicamente, mi rendo conto che al suo governo non ci sono alternative. Che il suo ingresso a Palazzo Chigi ha il senso di un'ultima chiamata, oltre la quale non c'è un'altra soluzione politica possibile, ma solo il vuoto in cui tutti, nessuno escluso, finirebbero per schiantarsi (l'insolvenza dello Stato, la sospensione del pagamento degli stipendi ai dipendenti pubblici, il blocco del credito bancario, la paralisi del sistema produttivo, da cui una astrattamente desiderabile campagna elettorale non ci avrebbe messo al sicuro, anzi...). Non so se la nascita del suo governo sarà sufficiente a metterci al riparo, almeno temporaneamente, dalla tempesta che ci infuria intorno. Ma so che ne è - anche sul piano dello stile - la condizione necessaria.(...)”[Il Manifesto 17 novembre 2011]. Le stesse posizioni sono state poi ribadite da Revelli anche nei mesi successivi.
Barbara Spinelli – E' stata tra le più determinate promotrici della lista, le sue posizioni politiche c'entrano abbastanza poco con la sinistra: è un'europeista convinta (nel senso di Unione Europea con le due maiuscole), editorialista de La Repubblica, giornale che non ha certo brillato per la sua linea di sinistra negli ultimi trent'anni. Dopo le elezioni politiche del 2013 la radicalità della Spinelli si è tramutata in un appello a Beppe Grillo affinché il Movimento 5 Stelle formasse un governo con il Pd di Bersani. Durante la recente crisi Ucraina Spinelli si è schierata dalla parte di rivoltosi invocando un intervento più deciso dell'Unione Europea.
Luciano Gallino – E' uno dei più importanti sociologi italiani; saggista molto prolifico, tra i suoi ultimi lavori si segnala La lotta di classe dopo la lotta di classe. Viene da chiedersi come mai sostenga un progetto politico dichiaratamente aclassista come la lista Tsipras. Ricorda un po' un altro famoso intellettuale come Mario Tronti che, dopo aver ripubblicato un classico dell'operaismo come Operai e Capitale ed aver sostenuto anche nei suoi scritti più recenti la necessità del partito di classe, ora fa il senatore per il Pd.

L'abdicazione di Sel e del Prc

Sono questi i principali personaggi a cui la sinistra politica si è affidata, a dir il vero, come vedremo, con poco entusiasmo. Ma se si parla di Europa, di Euro e di politiche economiche per Sel e Prc la lista Tsipras diventa un passaggio obbligato per la rimozione delle proprie responsabilità (in qualche caso un'operazione forse neanche consapevole, ma vera e propria rimozione psicologica dei propri reati politici).
Se nei primi anni '90 la neonata Rifondazione Comunista denunciava – giustamente – i guasti che avrebbero prodotto i cosiddetti “parametri di Maastricht” per l'accesso all'euro, pochi anni dopo tutti i parlamentari del Prc – Vendola compreso – votavano le politiche economiche del primo governo Prodi necessarie per l’entrata nell’eurozona: privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, ovvero alla scuola, alla sanità, al salario dei dipendenti pubblici, ecc.. Tutte queste scelte “europeiste” sono state reiterate nel corso degli anni da Prc e Sel ogni volta che hanno fatto parte di maggioranze e governi locali e nazionali.
Ma le scelte dei garanti emarginano sia Sel che il Prc al ruolo di sostenitori della lista senza voce in capitolo: sono solo i garanti nazionali ed i loro proconsoli locali a determinare ogni passaggio.
La stessa adesione di Sel alla lista Tsipras, se confermata fino alla fine del percorso, non è stata lineare ma nasce dalla sconfitta della linea Vendola al congresso nazionale del partito. Il presidente pugliese avrebbe preferito sostenere direttamente il socialdemocratico tedesco Schulz, con l’obiettivo dichiarato di entrare a breve nel Partito Socialista Europeo. La parziale sconfessione di tale linea da parte del congresso lo ha portato ad elaborazioni linguistiche senza costrutto politico: “(…) vogliamo occupare quella terra di mezzo tra Schulz e Tsipras, (…) siamo con Tsipras ma non contro Schulz (…)”, in definitiva Vendola tenta di essere milanista ed interista in contemporanea, rischiando di fare – in termini milanesi – la parte del pirla. Tra l’altro Tsipras in Grecia è il principale oppositore del governo di cui fa parte il Pasok, il vecchio e corrotto partito socialista ellenico espressione di quel Pse di cui Vendola vorrebbe entrare a far parte.

Lo stesso Prc, che della Sinistra Europea di cui Tsipras è esponente, si trova talmente in difficoltà da aver costretto la segreteria nazionale a scrivere una lettera ai propri iscritti per spronarli nell'impresa rilevandone alcuni dolentissimi punti: “(....) la nostra richiesta di costruire un percorso democratico nella definizione dei simboli e della composizione della lista è stata completamente disattesa dai promotori. Nonostante le nostre ripetute richieste (...) i garanti della lista non hanno accettato di costruire un percorso democratico che potesse determinare un effettivo spazio pubblico di sinistra.(...) Ci troviamo piuttosto di fronte ad una lista civica, di cui condividiamo la sostanza delle posizioni politiche senza che ne condividiamo i modi di costruzione e larga parte della cultura politica che viene proposta dai promotori. Il risultato concreto è una lista civica antiliberista(...)”
Di certo il rifiuto dei garanti di inserire la parola Sinistra nel simbolo ha creato ulteriori malumori nel mondo di Rifondazione.
La stessa Syryza esprime posizioni molto più radicali della lista italiana, senza tener conto che almeno il 25% del partito greco si trova su posizioni nettamente più a sinistra dello Tsipras, come si è evinto dai risultati dell'ultima conferenza nazionale.

E se dovessero farcela?

Il primo sondaggio li dà ad un esagerato 7,2%, ma se dovessero davvero superare lo sbarramento ci troveremmo davanti all'ennesima svolta destra della sinistra istituzionale/movimentista italiana, senza una politica del conflitto di classe ed egemonizzata dai personaggi di cui sopra, legati più che altro alla tradizione – minoritaria – di una parte della borghesia liberaldemocratica progressista italiana.
Per alcuni (Sel e soprattutto Prc) un'ulteriore viaggio della speranza, con approdo dentro un contenitore che più che guardare al mondo del lavoro punta a contendere al Movimento 5 Stelle uno spazio elettorale, con molti degli stessi argomenti del grillismo epurati dai “boia chi molla” e dai presunti “pompini” delle deputate Pd.

MICHELE TERRA




mercoledì 19 marzo 2014

IL MERCOLEDI' DA LEONI DI UN ASPIRANTE BONAPARTE





L'operazione economica annunciata da Renzi mercoledì 12 va denunciata per quello che è, ma anche compresa nel suo significato politico di fondo.


REALTA' E FINZIONE

Nel merito l'operazione economico sociale annunciata va demistificata e riportata alla sua realtà. Non siamo in presenza di nessuna “svolta buona” per le condizioni reali della classe operaia italiana.

Gli 80 euro in busta paga corrispondono all' aumento parallelo delle addizionali locali Irpef che il governo ha liberalizzato. Le coperture principali verranno dai tagli alla spesa pubblica, e quindi dalla spesa sociale ( contributo da pensioni di 2500 euro lorde, nuovi tagli alla sanità concordati coi governi regionali di centrodestra e centrosinistra, riduzione dei trasferimenti alle ferrovie coperti da un nuovo aumento di tariffe e biglietti, eventuale compressione delle già miserabili pensioni di reversibilità..). Saranno dunque pagate dagli stessi “beneficiari” dell'aumento in busta. Altre coperture sono per lo più virtuali e ballerine ( risparmio sugli interessi sul debito, manovra interna al 3% soggetta a negoziato europeo, recupero Iva sul pagamento dei debiti della P.A...) e potranno dunque tradursi, alla fine, in ulteriori tagli sostitutivi di spesa. L'enorme massa dei pensionati poveri è totalmente ignorata dalla manovra sull'Irpef mentre pagherà i tagli sociali che la finanziano. I padroni incassano una nuova riduzione dell'Irap, a vantaggio dei loro profitti e a danno della sanità pubblica ( oggi coperta dall'Irap); e ottengono soprattutto, per decreto, la completa liberalizzazione dei contratti a termine e ulteriori vantaggi sull'apprendistato, quindi una nuova espansione di lavoro precario e ricattabile. Il plauso di Sacconi è più che giustificato.

Ma la denuncia della natura di classe dell'operazione non può e non deve far velo alla comprensione del suo significato politico.
Il nuovo Presidente del Consiglio mostra nel modo più nitido il proprio profilo populista al servizio della propria ambizione. Non si tratta solo della posa formale da imbonitore di Televendita. Renzi ha scelto di scavalcare ogni relazione concertativa con le rappresentanze organizzate delle classi sociali, a partire da Confindustria e sindacati, per realizzare la propria manovra. Nel selezionare la distribuzione dei 10 miliardi, ha disatteso la loro concentrazione sull'Irap come chiedeva Confindustria, “privilegiando” il lavoro dipendente. Il fatto che questo “privilegiamento” sia assai modesto e copra oltretutto altri attacchi sociali, non contraddice il significato della scelta e il profilo pubblico dell'operazione : Renzi ha scelto la priorità dei propri interessi elettorali, nel rapporto diretto con l'opinione pubblica , imponendoli di fatto al ministro dell'economia ( Padoan) e al Presidente della Repubblica, custodi diretti del capitale finanziario e delle compatibilità U.E. “Non c'è certezza di coperture?. Non importa: i soldi dovrete trovarli voi lungo il percorso.. Io metto in gioco me stesso e non mi subordino ai burocrati”. Questo ha detto Renzi agli uomini delle banche. Padoan e Napolitano hanno opposto qualche resistenza, e ancora la opporranno, cercheranno in ogni modo di assicurare un equilibrio e di fare contrappeso in un rapporto diretto con gli organismi U. E.: ma la loro forza politica e contrattuale appare in questa fase sotto schiaffo per mano di un Presidente del Consiglio populista.

Renzi si tiene intanto aperte due vie. O regge la sua linea populista e allora va avanti, consolidando attorno al proprio comando un quadro più solido e largo di sostegni politici e sociali nello stesso blocco dominante; o in caso contrario, si riserva la via delle elezioni politiche anticipate tenendo in pugno la bandiera del “cambiamento” “contro “la burocrazia e la vecchia politica”.

LE RESPONSABILITA' DELLE BUROCRAZIE SINDACALI

Nulla sarà semplice e scontato per le ambizioni di Renzi . Ma al tempo stesso il suo corso populista crea nuove difficoltà per il movimento operaio.

Le burocrazie sindacali e le sinistre italiane hanno una responsabilità enorme nell'ascesa del renzismo. Se un'operazione modesta e largamente truffaldina sui salari può apparire a settori proletari come una “svolta buona”, è perchè i governi precedenti fecero operazioni più pesanti col consenso o il lasciapassare delle burocrazie. Inclusi peraltro i governi di centrosinistra, col sostegno e la partecipazione del PRC, come i governi Prodi . Così Renzi ha potuto prima sbeffeggiare le precedenti pose critiche di Camusso ( “ minacciano uno sciopero contro di me quando in precedenza hanno accettato tutto e non han fatto nulla”); e ora incassa addirittura il plauso fintamente “entusiasta” di quegli stessi burocrati che ha messo alla porta e ignorato: i quali non trovano di meglio che mascherare la propria sconfitta di burocrati concertativi esaltando agli occhi dei lavoratori un'operazione populista, e presentandola addirittura come farina del proprio sacco ( “Renzi ci ha copiato..). Il peggio del peggio. Un'ulteriore menzogna ( penosa) ai lavoratori- per nascondere la propria emarginazione di burocrazie- e al tempo stesso una nuova legittimazione del renzismo a sinistra. Mentre Landini non trova di meglio che continuare a giocare di sponda con Renzi, per scavalcare Camusso, e recitare il ruolo ( immaginario) di principale interlocutore di un governo borghese populista. Anche lui contribuendo non poco alla confusione della coscienza operaia.

La necessità di un'altra direzione e di una svolta del movimento operaio è riproposta una volta di più dal nuovo scenario politico. Solo un programma generale e indipendente della classe operaia, e una mobilitazione di massa unitaria e radicale attorno ad essa, possono ricomporre su una frontiera di classe il blocco sociale alternativo. Senza questa svolta, rischia di allargarsi ulteriormente, tra gli stessi lavoratori, lo spazio di manovra del populismo . Anche del populismo di governo di un giovane aspirante Bonaparte.

MARCO FERRANDO




venerdì 14 marzo 2014

CADDE UN RIVOLUZIONARIO.


Segrate 14 Marzo 1972, cadde un rivoluzionario.
Giangiacomo Feltrinelli, l'editore guerrigliero che morì per un timer difettoso. Combattendo.
Ci sono uomini che si rispettano e si ammirano profondamente, al di là delle proprie convinzioni strategiche.
Giangiacomo è uno di questi. Non proveniva da una famiglia del proletariato, anzi addirittura della nobiltà.
Pur non essendo figlio della classe sentì profondamente il grido degli oppressi,  combattè, trovando la morte per una classe alla quale non apparteneva. Dal suo particolarissimo punto di vista.
Morì da guerrigliero, come tanti morirono in Vietnam, in Uruguay e anche nelle grandi metropoli imperialiste.
Vogliamo ricordarlo così, spassionatamente, senza travestirci da Tupamaros, senza architettare chissà quali complotti.
Pensiamo che ricordarlo non faccia torto a nessuno, escludendo la borghesia e i suoi apparati repressivi.
Compagno, condividiamo lo stesso tuo volere : un mondo a misura d'uomo e non di profitto.

Alleghiamo qui l'articolo in suo ricordo scritto dai compagni di Potere Operaio subito dopo la sua morte.
                         
                                                                                PCL Frosinone.




Potere Operaio del Lunedì



Un rivoluzionario è caduto


Lo dipingono ora come un isolato, un avventuriero, come un deficiente o come un crudele terrorista. Noi sappiamo che dopo aver distrutto la vita del compagno Feltrinelli ne vogliono infangare e seppellire la memoria - come si fa con i parti mostruosi. Si, perchè feltrinelli ha tradito i padroni, ha tradito i riformisti. Per questo tradimento è per noi un compagno. Per questo tradimento i nostri militanti, i compagni delle organizzazioni rivoluzionarie, gli operai di avanguardia chinano le bandiere rosse segno di lutto per la sua morte. Un rivoluzionario è caduto.

Giangiacomo Feltrinelli è morto. Da vivo era un compagno dei GAP (Gruppi d'Azione Partigiana) - una organizzazione politico-militare che da tempo si è posta il compito di aprire in Italia la lotta armata come unica via per liberare il nostro paese dallo sfruttamento e dall'ingiustizia. A questa determinazione Feltrinelli era arrivato dopo una bruciante e molteplice attività - dalla partecipazione alla guerra di liberazione, alla milizia nel PCI, all'impegno editoriale, alla collaborazione con i movimenti rivoluzionari dell' America Latina. L'indimenticabile '68, lo aveva spinto ad un ripensamento di tutta la sua milizia politica; la breve ma intensa confidenza con Castro e Guevara gli forniva gli strumenti teorici attraverso cui analizzare il fallimento storico del riformismo e, ad un tempo, la prospettiva da seguire per una ripresa del movimento rivoluzionario in Europa. La forte passione civile, la rivolta ad ogni forma di sopraffazione e di ingiustizia ( si pensi all' attenzione con cui ha sempre seguito le rivendicazioni autonomiste delle minoranze linguistiche italiane ) lo spingevano a saltare i tempi, a bruciare le mediazioni. E' l'inquietudine di cui parla oggi con disprezzo misto a compatimento il Corriere della Sera. In realtà è l'inquietudine che porta con sè ogni uomo che non si adatti a vivere come un bue, che nutre un odio profondo per tutti i cani ed i porci dell' umanità. Certo nell'azione di questo compagno ci sono stati errori, ingenuità, improvvisazioni. Grave soprattutto ci è sembrata e ci sembra, nel programma politico dei GAP, la sottovalutazione delle lotte operaie, della loro capacità di andare oltre il terreno rivendicativo per porre la questione dei rapporti di forza tra le classi cioè del potere politico. Ma i suoi errori, la sua impazienza, appartengono al movimento rivoluzionario e operaio, assalto al cielo, che da qualche anno migliaia di militanti hanno cominciato a ricostruire dopo decenni di oscurità e di paura. Fanno parte di questo cammino che, come diceva Lenin, non è diritto e piano ma tortuoso e difficile, e dove accanto all'estrema determinazione di percorrerlo non v'è alcuna certezza sui tempi necessari a mandare in rovina lo stato delle cose presenti.
Il compagno Feltrinelli è morto. E gli sciacalli si sono scatenati. Chi lo vuole terrorista e chi vittima. Destra e sinistra fanno il loro mestiere di sempre. Noi sappiamo che questo compagno non è né una vittima, né un terrorista. E' un rivoluzionario caduto in questa prima fase della guerra di liberazione dello sfruttamento. E' stato ucciso perchè era un militante dei GAP. E carabinieri, polizia, fascisti esteri e nostrani lo sapevano e lo sanno benissimo. E' stato ucciso perchè era un rivoluzionario che con pazienza e tenacia, superando abitudini, comportamenti, vizi, ereditati dall'ambiente alto-borghese da cui proveniva, s'era posto sul terreno della lotta armata, costruendo con i suoi compagni i primi nuclei di resistenza proletaria.E' probabilmente vero che la ricerca affannosa che, da mesi, fascisti e servizi segreti vari avevano scatenato per prendere Feltrinelli, si è intensificata dopo il contributo ulteriormente portato dei GAP nello smascheramento dei mandanti e degli esecutori della strage del dicembre del '69. E' probabilmente vero che questo compagno ha commesso, per generosità, errori fatali di imprudenza - cadendo così in un' imboscata nemica la cui meccanica è a tutt' oggi oscura. Quello che è certo è che di questo assassinio si sono fatti complici tutti coloro che cercavano un mandante ed un finanziatore per l'attività dei gruppi rivoluzionari. Dal Secolo all' Unità in una paradossale unità d'intenti dopo la manifestazione del giorno 11 a Milano, tutti hanno latrato : vogliamo il mandante, vogliamo il finanziatore. Come se la lotta di strada, la lotta di piazza avesse bisogno di finanziatori. Le bottiglie molotov sono generi di largo consumo nell' Italia degli anni 70. Costano poche centinaia di lire. Come dire alla portata di qualsiasi militante. Sono le attrezzatissime bande fasciste, sono i giornali di partito senza lettori, sono le costose campagne di pubblicità elettorale, sono i mastodontici apparati di Partito che richiedono e trovano i finanziamenti di Cefis, di Agnelli, di Borghi, di Ravelli - oltrechè il generoso contributo delle casse statali e parastatali. Comunque loro - destra e sinistra - volevano il mandante, il finanziatore. Fascisti e servizi segreti glielo hanno trovato. Un cadavere straziato di un pericoloso rivoluzionario che aveva deciso di far sul serio è diventato utile per la bisogna - perchè era Giangiacomo Feltrinelli discendente di una delle famiglie più ricche del paese. Ed i giornali della borghesia si sono affrettati a sputare sopra il cadavere. Con tutto l'odio che si sente per un traditore. Perchè è vero. Giangiacomo Feltrinelli li aveva traditi. Aveva rotto con il suo ed in tre anni densi di attività minuta, continua e coraggiosa era diventato un rivoluzionario. E i miliardari che finanziano i partiti, si drogano al Number One vogliono l'ordine e la morale nelle fabbriche e nelle scuole - e per questo utilizzano le bande fasciste - non possono perdonare questo figlio degenere.

giovedì 13 marzo 2014

VILE GESTO DI VILE FASCISTA.

Il 28 Febbraio si è ricordato nel quartiere Don Bosco Roberto Scialabba, militante di Lotta Continua ucciso a colpi di pistola da un commando dei NAR.
Era intenzione dei compagni di varia provenienza ricordarlo con un murale, ospitato dallo Spazio Sociale 136, tra l'altro intitolato proprio a Roberto.
I compagni del PCL dividono questo spazio con altre realtà di sinistra, e chi scrive spesso ha svolto attività politica al 136.
Nella giornata di ieri, presumibilmente, una carogna abituato ad inneggiare al Duce ha pensato bene di imbrattare il murale dedicato al compagno ucciso dal piombo fascista, tra l'altro riferendosi a tale Alibrandi, appunto membro dei NAR.
E' un gesto di una vigliaccheria insopportabile, che ci fa riflettere come i fascisti operino nell'ombra, coperti e foraggiati da chi picchiatori prima e politicanti adesso.
La lotta al fascismo non è finita nel '45, ma continua tutt'oggi.
Fermarli ad ogni costo è compito di ogni anticapitalista che si rispetti, in quanto ignoranti tirapiedi della borghesia e dei poteri forti.

ANTIFASCISMO MILITANTE!
ANTIFASCISMO DI CLASSE!
RICACCIARLI NELLE FOGNE E CHIUDERE I TOMBINI.
                                                                                                         PCL Frosinone.

martedì 11 marzo 2014

AL COMPAGNO FRANCESCO LORUSSO.



In data odierna, l' 11 Marzo del 1977 moriva il compagno Francesco Lorusso, ucciso con un colpo di pistola alla schiena sparato da un  carabiniere.
Bologna 11 Marzo 1977, i ragazzi della sinistra extraparlamentare e in special modo dell'Autonomia contestano la presenza clericale di Comunione e Liberazione all'università.
Il servizio d'ordine di CL reagisce aggredendo i compagni, scatenando dei duri scontri che continueranno durante tutta la giornata. I reazionari di CL scappano coperti dalla polizia.
La polizia e i carabinieri pestano, arrestano e soprattutto sparano contro i ragazzi di sinistra. Come successe altre volte si cercava il morto tra i manifestanti. Per intimorire un movimento che iniziava a far paura, perchè audace e di massa, perchè capace di ottenere ciò che chiedeva.
Il compagno Francesco morì da Comunista, ucciso dal piombo di Cossiga e dei padroni che molto altro sangue avrebbero voluto. E che vogliono tutt'oggi.
Ciao compagno, insieme a te oggi ricordiamo tutte le vittime del piombo reazionario.


A FRANCESCO LORUSSO, IL CUI SANGUE NON E' STATO VERSATO INVANO.
                                                       
                                                                                         PCL Frosinone.

sabato 8 marzo 2014

8 MARZO - NOI DECIDIAMO


I venti di destra attraversano tutta l'Europa: leggi contro il diritto all'aborto (come quella appena passata in Spagna) con il contributo dei movimenti "per la vita", che si riorganizzano e si fanno più forti anche in Italia – attacchi alla libera sessualità, come le manifestazioni che si sono svolte in Francia, contro i matrimoni omosessuali – direttive europee che equiparano la tratta delle donne alle donne che si prostituiscono in modo indipendente, negando l'unico spazio di autonomia in un mondo costruito sull'estrema mercificazione del corpo delle donne.
Ma anche altro. I tagli alle forme di assistenza sociale sono una realtà in ogni paese europeo, l'aumento di lavoro precario è il principio di regolamentazione del costo del lavoro persino in paesi "che tengono" come la Germania.
La chiesa cristiana in tutte le sue forme che si riprende spazi culturali, e non solo in un paese come il nostro, che ne è colonizzato, ma anche nei paesi dell'est europeo, con le croci brandite in mezzo ai massacri e il clero ortodosso schierato con gli oligarchi e i dittatori, su una riva e sull'altra.
Non ci riguarda??
Certo che sì!!
La nostra battaglia che in questi giorni è giustamente concentrata sulla difesa dell'aborto libero e gratuito deve allargarsi.
La nostra volontà di lotta deve essere generale. Le condizioni materiali di vita che ogni donna subisce in questa società impediscono una reale autonomia e la libertà di scelta. Ci costringono in ruoli subalterni, di contorno. Niente lavoro, niente autonomia dai padri, dai mariti. Tagli alla scuola pubblica, sempre minori possibilità di scelte che ci permettano di arrivare ad un lavoro qualificato. Tagli ai servizi sociali, sempre più responsabilità nei confronti della famiglia misconosciute e sottovalutate. Tagli ai servizi sanitari, nessuna scelta rispetto alla sessualità e tanto meno per una maternità consapevole e libera.
Non ci servono le ministre della difesa, le pari opportunità senza controllo da parte delle donne, le leggi di tutela che non abbiamo deciso. Ci servono i luoghi dove autorganizzarci, riunirci e costruire le nostre lotte.
E' ora di unificare i mille rivoli di iniziative, ricostruire momenti di lotta di massa. Allo slogan individualistico "io decido" fatto proprio da molte istanze del panorama italiano sulla scia dei movimenti spagnoli, noi contrapponiamo lo slogan "noi decidiamo", perché è importante recuperare un’idea di collettività indispensabile per costruire le lotte. La lotta per l’autonomia delle donne è una lotta di tutte/i.

OTTO MARZO GIORNATA DI LOTTA.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

domenica 2 marzo 2014

Lettera ai lavoratori dell’URSS


Leon Trotskij (1940)



Saluti agli operai sovietici, agli agricoltori dei kolchoz , ai soldati dell’Armata Rossa e ai marinai della Marina Rossa. Saluti dal lontano Messico in cui ho trovato rifugio, dopo che la cricca stalinista mi ha esiliato in Turchia e dopo che la borghesia mi ha perseguitato di paese in paese.

Cari compagni! La menzognera stampa stalinista vi ha malignamente ingannato per lungo tempo su una serie di questioni, incluse tutte quelle che riguardano me e i miei collaboratori. Voi non possedete una stampa operaia; voi leggete solo la stampa della burocrazia, che vi inganna sistematicamente in modo da tenervi all’oscuro di tutto e rendere di conseguenza più saldo il dominio di una privilegiata casta parassitaria.

Coloro che osano levare le proprie voci contro l’universalmente odiata burocrazia vengono chiamati “trotskysti”, agenti di una potenza straniera; bollati come spie - ieri spie della Germania, oggi spie dell’Inghilterra e della Francia - e poi spedite davanti al plotone d’esecuzione. Centinaia di migliaia di combattenti rivoluzionari sono caduti di fronte alle bocche delle Mauser  della GPU
 in URSS e nei paesi esteri, specialmente in Spagna. Tutti loro erano descritti come agenti del fascismo. Non credete a questa abominevole calunnia! Il loro unico crimine consisteva nel difendere gli operai e i contadini dalla brutalità e avidità della burocrazia. L’intera vecchia guardia del bolscevismo, tutti i collaboratori ed assistenti di Lenin, tutti i combattenti della rivoluzione d’Ottobre, tutti gli eroi della guerra civile, sono stati massacrati da Stalin. Negli annali della storia il nome di Stalin sarà per sempre ricordato con l’infame appellativo di Caino.

La rivoluzione non è stata realizzata per i burocrati

La rivoluzione d’Ottobre è stata compiuta per il bene dei proletari e non per il bene di nuovi parassiti. Ma a causa del ritardo della rivoluzione mondiale, a causa della stanchezza, e, in larga misura, dell’arretratezza degli operai e in particolare dei contadini russi, si è eretta sulla Repubblica Sovietica e contro la sua gente, una nuova casta oppressiva e parassita, il cui leader è Stalin. L’antico partito bolscevico è stato trasformato in un apparato della casta. L’organizzazione mondiale che l’Internazionale Comunista era una volta, è oggi un docile strumento dell’oligarchia moscovita. I soviet degli operai e dei contadini sono da tempo andati distrutti. Essi sono stati sostituiti da commissari degenerati, segretari e agenti della GPU.

Ma, fortunatamente, fra le conquiste superstiti della Rivoluzione d’Ottobre vi sono la nazionalizzazione dell’industria e la collettivizzazione dell’economia sovietica. Su questa base i lavoratori sovietici possono costruire una nuova e più lieta società. Questo fondamento non può essere in nessun caso ceduto da noi alla borghesia mondiale. E’ compito dei rivoluzionari difendere con le unghie e con i denti tutte le posizioni acquisite dalla classe operaia, si tratti di diritti democratici, scale salariali o di una così colossale conquista del genere umano come la nazionalizzazione dei mezzi di produzione e l’economia pianificata. Coloro che sono incapaci di difendere le conquiste già acquisite non potranno mai lottare per nuove affermazioni. Contro l’avversario imperialista noi difenderemo l’URSS con tutta la nostra forza. Tuttavia, le conquiste della rivoluzione d’Ottobre gioveranno alla popolazione solo se essa si dimostrerà in grado di affrontare la burocrazia stalinista, come ai loro tempi ha affrontato la burocrazia zarista e la borghesia.

Lo stalinismo mette in pericolo l’Unione Sovietica

Se la vita economica sovietica fosse stata condotta negli interessi del popolo; se la burocrazia non avesse divorato e vanamente sprecato la maggior parte del reddito nazionale; se la burocrazia non avesse calpestato gli interessi vitali della popolazione, allora l’URSS sarebbe stato un grande polo magnetico di attrazione per i proletari del mondo e l’inviolabilità dell’Unione Sovietica sarebbe stata assicurata. Ma l’infame regime oppressivo di Stalin ha privato l’URSS della sua forza d’attrazione. Durante la guerra con la Finlandia, non solo la maggioranza dei contadini finlandesi ma anche la maggioranza degli operai finlandesi, hanno dimostrato di essere dalla parte della loro borghesia. Questo non può sorprendere considerato che essi conoscono l’oppressione senza precedenti a cui la burocrazia stalinista ha assoggettato i lavoratori della vicina Leningrado e dell’intera Unione Sovietica. La burocrazia stalinista, così sanguinaria e spietata in patria, e così codarda di fronte ai nemici imperialisti, è perciò diventata la principale fonte di pericolo bellico per l’Unione Sovietica.

Il vecchio partito bolscevico e la Terza Internazionale si sono disintegrati e decomposti. Gli onesti ed avanzati rivoluzionari hanno organizzato all’estero la Quarta Internazionale che ha sezioni già stabilite nella maggior parte dei paesi del mondo. Io sono un membro di questa nuova internazionale. Attraverso la partecipazione a questo lavoro io rimango sotto la stessa bandiera che ho servito assieme a voi o ai vostri padri e ai vostri fratelli nel 1917 e durante tutti gli anni della guerra civile, la stessa bandiera sotto la quale assieme a Lenin noi abbiamo costruito lo stato sovietico e L’Armata Rossa.

L’obbiettivo della Quarta Internazionale

L’obbiettivo della Quarta Internazionale è estendere la rivoluzione d’Ottobre al mondo intero e allo stesso tempo rigenerare l’URSS purgandola dalla burocrazia parassitaria. Questo può essere realizzato in un solo modo: con la rivolta degli operai, dei contadini, dei soldati dell’Armata Rossa e dei marinai della Marina Rossa, contro la nuova casta di oppressori e parassiti. Per preparare questa insurrezione, è necessario un nuovo partito, un’audace ed onesta organizzazione rivoluzionaria dei lavoratori più avanzati. La Quarta Internazionale pone come suo compito la costruzione di un tale partito in URSS.

Lavoratori avanzati! Radunatevi per primi sotto la bandiera di Marx e Lenin che è ora la bandiera della Quarta Internazionale! Imparate a creare, nelle condizioni dell’illegalità stalinista, circoli rivoluzionari affidabili e saldamente uniti! Stabilite contatti fra questi circoli! Imparate come mettere in contatto persone leali ed affidabili, specialmente marinai, con i vostri compagni rivoluzionari nelle terre borghesi! È difficile, ma può essere fatto.

L’attuale guerra si estenderà sempre di più, accatastando rovine su rovine, producendo sempre più dolore, disperazione e proteste, guidando il mondo intero verso nuove esplosioni rivoluzionarie. La rivoluzione mondiale rinvigorirà le masse lavoratrici sovietiche con nuovo coraggio e risolutezza e minerà i sostegni burocratici. È necessario prepararsi per questo momento attraverso una ostinata e sistematica attività rivoluzionaria. È in gioco la sorte del nostro paese, il futuro della nostra gente, il destino dei nostri figli e nipoti.

Abbasso Stalin il Caino e la sua camarilla!
Abbasso la rapace burocrazia!
Lunga vita all’Unione Sovietica, la fortezza dei proletari!
Lunga vita alla rivoluzione socialista mondiale!

Fraternamente, LEON TROTSKY, maggio 1940
AVVISO!

La stampa di Stalin dichiarerà sicuramente che questa lettera è stata inviata in URSS da “agenti dell’imperialismo”. Sappiate che anche questa è una menzogna. Questa lettera raggiungerà l’URSS per mezzo di fidati rivoluzionari che sono pronti a rischiare le loro vite per la causa del socialismo. Fate copie della lettera e date ad essa la più vasta circolazione possibile. L.T.