LA LISTA TSIPRAS: LA NUOVA POLITICA SENZA CLASSE DELLA “SINISTRA” ITALIANA
Una volta c'era il Partito della Rifondazione comunista - più o meno unitario - poi ci furono
i governi dei Prodi, poi le scissioni, poi venne l'Arcobaleno e di seguito nacque Sel di Nichi
e i suoi amici, e ci fu l'ora della lista Rivoluzione Civile con il suo vate Ingroia.
Dopo anni sconfitte arrivarono gli intellettuali ed i professori, non portarono
doni alla sinistra e ai comunisti ma..... la lista Tsipras per le europee.
Questo potrebbe essere l'incipit che i nostri nipotini leggeranno - forse - tra qualche
decennio nel libro delle favole della sinistra. Perché la c.d. Lista Tspiras è la nuova favola dove andranno a recitare il ceto politico post e neo rifondarolo ed intellighenzia sinistroide ma rigorosamente anticomunista.
Questa sinistra italiana, litigiosa e divisa, per mille motivi che qui non andremo ad elencare, per ritrovare un momento di unità che le faccia sperare di superare lo sbarramento del 4% è dovuta ricorrere al papa straniero. Perché per unirsi a questa tornata di elezioni europee, senza far ricordare al proprio elettorato il recente passato e le proprie responsabilità, è necessario parlare di Europa e solo di quello.
Inizialmente è stato Paolo Ferrero con i resti del Prc a proporre Tsipras come candidato alla presidenza della Commissione Europea come espressione del Partito della Sinistra Europea, aggregazione che unisce, in realtà in forma di coordinamento, partiti quali la Linke tedesca, il Pcf e il Parti de Gauche francesi, Izquierda Unida spagnola, oltre ovviamente il Prc e Syryza più altre formazioni minori. Ma la cosa è presto sfuggita di mano agli eterni rifondatori con l'entrata in campo di un gruppo di intellettuali e professori, fondamentalmente legati alla rivista Micromega, diretta da Paolo Flores D'Arcais ed edita dal gruppo Repubblica-Espresso, di fatto il lato sinistro del fronte politico-editoriale di Carlo De Bendetti. Questa lobby si è immediatamente autonominata comitato promotore della lista Tsipras, emarginando Rifondazione e tutti i soggetti collettivi potenzialmente interessati, ponendosi come unico ponte di comando dell'intera operazione con potere di scelta assoluto su candidature e composizione delle liste.
I garanti della lista
Cerchiamo di vedere meglio chi sono alcuni dei promotori di questa lista che pare vogliano gestire dalla A- Z questa operazione politica e poi mascherarsi dietro ad una finta democrazia para-assembleare per militanti e simpatizzanti di sinistra, ormai talmente disperati da credere a tutto, anche a 'sti quattro professori.
Paolo Flores D'Arcais - Un quarantennio fa - quando i mulini erano bianchi - è stato comunista, poi è stato uno dei grandi sostenitori della svolta di Achille Occhetto (personaggio che probabilmente non passerà alla storia per il suo acume politico); in particolare Flores D'Arcais teorizzava l'esistenza di una "sinistra dei club" che avrebbe dovuto affiancare e intersecare il PDS. Peccato che la sinistra dei club esistesse solo nella testa del nostro intellettuale, mentre il PDS è sopravvissuto ai propri fondatori e teorici solo poche sfortunate stagioni (sono invece sopravvissute le abitudini salottiere di D'Arcais). Non pago di queste brillanti operazioni, tramite la rivista Micromega, Flores D'Aircais è stato uno dei più accaniti promotori di una sinistra giustizialista vicina a di Di Pietro e al suo partito di ladroni e voltagabbana.
Marco Revelli - Dalla seconda metà degli anni '90 fino alla caduta è stato uno dei grandi
ispiratori di Fausto Bertinotti, uno degli intellettuali indipendenti dal Prc ma organici al
bertinottismo, tanto da venire eletto consigliere comunale a Torino nelle liste Prc. Il suo saggio Oltre il novecento venne definito da Luigi Pintor (che non era esattamente un bolscevico leninista) come «il libro più organicamente anticomunista che io abbia letto». Nel 2011 Marco Revelli
disegnò il governo Monti come l'arrivo dei salvatori della patria: “(...) politicamente, mi rendo conto che al suo governo non ci sono alternative. Che il suo ingresso a Palazzo Chigi ha il senso di un'ultima chiamata, oltre la quale non c'è un'altra soluzione politica possibile, ma solo il vuoto in cui tutti, nessuno escluso, finirebbero per schiantarsi (l'insolvenza dello Stato, la sospensione del pagamento degli stipendi ai dipendenti pubblici, il blocco del credito bancario, la paralisi del sistema produttivo, da cui una astrattamente desiderabile campagna elettorale non ci avrebbe messo al sicuro, anzi...). Non so se la nascita del suo governo sarà sufficiente a metterci al riparo, almeno temporaneamente, dalla tempesta che ci infuria intorno. Ma so che ne è - anche sul piano dello stile - la condizione necessaria.(...)”[Il Manifesto 17 novembre 2011]. Le stesse posizioni sono state poi ribadite da Revelli anche nei mesi successivi.
Barbara Spinelli – E' stata tra le più determinate promotrici della lista, le sue posizioni politiche c'entrano abbastanza poco con la sinistra: è un'europeista convinta (nel senso di Unione Europea con le due maiuscole), editorialista de La Repubblica, giornale che non ha certo brillato per la sua linea di sinistra negli ultimi trent'anni. Dopo le elezioni politiche del 2013 la radicalità della Spinelli si è tramutata in un appello a Beppe Grillo affinché il Movimento 5 Stelle formasse un governo con il Pd di Bersani. Durante la recente crisi Ucraina Spinelli si è schierata dalla parte di rivoltosi invocando un intervento più deciso dell'Unione Europea.
Luciano Gallino – E' uno dei più importanti sociologi italiani; saggista molto prolifico, tra i suoi ultimi lavori si segnala La lotta di classe dopo la lotta di classe. Viene da chiedersi come mai sostenga un progetto politico dichiaratamente aclassista come la lista Tsipras. Ricorda un po' un altro famoso intellettuale come Mario Tronti che, dopo aver ripubblicato un classico dell'operaismo come Operai e Capitale ed aver sostenuto anche nei suoi scritti più recenti la necessità del partito di classe, ora fa il senatore per il Pd.
L'abdicazione di Sel e del Prc
Sono questi i principali personaggi a cui la sinistra politica si è affidata, a dir il vero, come vedremo, con poco entusiasmo. Ma se si parla di Europa, di Euro e di politiche economiche per Sel e Prc la lista Tsipras diventa un passaggio obbligato per la rimozione delle proprie responsabilità (in qualche caso un'operazione forse neanche consapevole, ma vera e propria rimozione psicologica dei propri reati politici).
Se nei primi anni '90 la neonata Rifondazione Comunista denunciava – giustamente – i guasti che avrebbero prodotto i cosiddetti “parametri di Maastricht” per l'accesso all'euro, pochi anni dopo tutti i parlamentari del Prc – Vendola compreso – votavano le politiche economiche del primo governo Prodi necessarie per l’entrata nell’eurozona: privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, ovvero alla scuola, alla sanità, al salario dei dipendenti pubblici, ecc.. Tutte queste scelte “europeiste” sono state reiterate nel corso degli anni da Prc e Sel ogni volta che hanno fatto parte di maggioranze e governi locali e nazionali.
Ma le scelte dei garanti emarginano sia Sel che il Prc al ruolo di sostenitori della lista senza voce in capitolo: sono solo i garanti nazionali ed i loro proconsoli locali a determinare ogni passaggio.
La stessa adesione di Sel alla lista Tsipras, se confermata fino alla fine del percorso, non è stata lineare ma nasce dalla sconfitta della linea Vendola al congresso nazionale del partito. Il presidente pugliese avrebbe preferito sostenere direttamente il socialdemocratico tedesco Schulz, con l’obiettivo dichiarato di entrare a breve nel Partito Socialista Europeo. La parziale sconfessione di tale linea da parte del congresso lo ha portato ad elaborazioni linguistiche senza costrutto politico: “(…) vogliamo occupare quella terra di mezzo tra Schulz e Tsipras, (…) siamo con Tsipras ma non contro Schulz (…)”, in definitiva Vendola tenta di essere milanista ed interista in contemporanea, rischiando di fare – in termini milanesi – la parte del pirla. Tra l’altro Tsipras in Grecia è il principale oppositore del governo di cui fa parte il Pasok, il vecchio e corrotto partito socialista ellenico espressione di quel Pse di cui Vendola vorrebbe entrare a far parte.
Lo stesso Prc, che della Sinistra Europea di cui Tsipras è esponente, si trova talmente in difficoltà da aver costretto la segreteria nazionale a scrivere una lettera ai propri iscritti per spronarli nell'impresa rilevandone alcuni dolentissimi punti: “(....) la nostra richiesta di costruire un percorso democratico nella definizione dei simboli e della composizione della lista è stata completamente disattesa dai promotori. Nonostante le nostre ripetute richieste (...) i garanti della lista non hanno accettato di costruire un percorso democratico che potesse determinare un effettivo spazio pubblico di sinistra.(...) Ci troviamo piuttosto di fronte ad una lista civica, di cui condividiamo la sostanza delle posizioni politiche senza che ne condividiamo i modi di costruzione e larga parte della cultura politica che viene proposta dai promotori. Il risultato concreto è una lista civica antiliberista(...)”
Di certo il rifiuto dei garanti di inserire la parola Sinistra nel simbolo ha creato ulteriori malumori nel mondo di Rifondazione.
La stessa Syryza esprime posizioni molto più radicali della lista italiana, senza tener conto che almeno il 25% del partito greco si trova su posizioni nettamente più a sinistra dello Tsipras, come si è evinto dai risultati dell'ultima conferenza nazionale.
E se dovessero farcela?
Il primo sondaggio li dà ad un esagerato 7,2%, ma se dovessero davvero superare lo sbarramento ci troveremmo davanti all'ennesima svolta destra della sinistra istituzionale/movimentista italiana, senza una politica del conflitto di classe ed egemonizzata dai personaggi di cui sopra, legati più che altro alla tradizione – minoritaria – di una parte della borghesia liberaldemocratica progressista italiana.
Per alcuni (Sel e soprattutto Prc) un'ulteriore viaggio della speranza, con approdo dentro un contenitore che più che guardare al mondo del lavoro punta a contendere al Movimento 5 Stelle uno spazio elettorale, con molti degli stessi argomenti del grillismo epurati dai “boia chi molla” e dai presunti “pompini” delle deputate Pd.
MICHELE TERRA
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