domenica 31 agosto 2014

FERGUSON, LA POLIZIA, L'AUTODIFESA. 

Breve constatazione sulla mutazione della politica militare proletaria.





L'abuso in divisa come conseguenza del disciplinamento delle masse è, nei fatti di Ferguson, riconosciuto dai più. I fatti sappiamo bene come sono andati.
La necessità di tutelarsi dal "progetto disciplina" ed affermare la propria agibilità sociale passa attraverso una presa di coscienza, in larghi strati delle masse, del concetto di autodifesa. 

Il marxismo rivoluzionario, nell'epoca dell'agonia mortale del capitalismo ha impresso il concetto di autodifesa nel proprio programma. La lunga fase dell'agonia mortale del capitalismo si caratterizza nell'emarginare le masse dal sistema, nel dichiarargli un'incessante guerra sociale e politica, nel reprimerle senza possibilità di mediazione. Emarginazione e controllo ( dalla fabbrica al quartiere) sono prassi della guerra alle masse dichiarata dal capitalismo. 

Nell'epoca in cui la formazione militare è riservata ad una piccola elìte al servizio della borghesia, la quale è garante della repressione, ogni rivendicazione di armamento generale del popolo, per quanto corretta sia da un punto di vista storico, non sta nella realtà. 

La borghesia non ha bisogno di un popolo in armi che la difenda, soprattutto durante la sua crisi più profonda, ma di professionisti al suo soldo. Non tornerà mai indietro, non metterà mai al corrente le masse delle innovative tecniche di preparazione militare.

Non stiamo parlando di forme militari ottocentesche, ma di squadre della repressione. I modelli militari proletari non possono essere basati su quelli passati, ma sulla consapevolezza di essere costruiti in base a quello che si ha di fronte, nello scenario in cui si è costretti ad operare.

Le squadre di autodifesa, il ritorno al "patrolling" nel caso di Ferguson, sono le uniche possibili nel breve periodo, per giunta sperimentate con esiti positivi in Grecia, sia contro i MAT e i DELTA, che contro Alba Dorata. Le squadre di autodifesa sono la forma embrionale della moderna politica militare proletaria.

Le forme della lotta di massa sono cambiate, comprendere il carattere concreto dell'epoca in cui si vive è l'unica garanzia degli sviluppi a venire....  aspettarsi l'aiuto della borghesia è una misera utopia. Il proletariato è solo, può contare solo sulla propria forza.

                                                                                                            PCL Frosinone




venerdì 22 agosto 2014

                               FERGUSON OLTRE LE APPARENZE.


                                                                


Quello che non vogliono dirci dei fatti di Ferguson comincia ad essere chiaro.
La tesi secondo cui la rivolta sia scaturita da fattori esclusivamente razziali non regge alla prova dei fatti. C'è qualcosa di più profondo nei riots di Ferguson, c'è qualcosa di più profondo nella "guerra aperta" scatenata dallo stato nei confronti dei rivoltosi.

La questione razziale negli Stati Uniti si caratterizza come questione di classe. Smentendo le chiacchiere delle democrazie borghesi, i fatti di Ferguson dimostrano chiaramente che razzismo e capitalismo sono in stretta relazione.
Il modo in cui il capitalismo emargina e disciplina le masse nere americane è causa diretta delle sue necessità valorizzative, esso ha bisogno di sfruttare al massimo la forza-lavoro e al tempo stesso intimorire i larghi strati che ne vivono ai margini.

La rivolta di Ferguson si inserisce in questo scenario, l'era del capitalismo in crisi, l'era del riemergere della rabbia delle masse, l'era della presa di coscienza dell'indissolubilità della lotta di classe.

Il proletariato metropolitano statunitense ( miscela sociale di vari soggetti sottoposti allo sfruttamento capitalista) è esploso come in molti altri paesi durante questa crisi. I riots in questione non sono scaturiti dal semplice omicidio di un ragazzo nero ( fatto di per sè ignobile), ma trovano la forza di alimentarsi nel malcontento sociale causato dal sistema affamato di plusvalore. L'omicidio di Micheal Brown è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Siamo di fronte ad una soggettività sociale unita dallo sfruttamento, confusa e solida allo stesso tempo. La massa del XXI° secolo.
La rete della lotta di classe internazionale si arricchisce di nuove maglie sempre più strette, sempre più fitte.

Ribadiamo ancora il nostro pieno appoggio alla giusta lotta portata avanti a Ferguson, esprimendo ancora solidarietà alla famiglia di Micheal e a tutte quelle colpite dalla violenza poliziesca, a tutti gli anticapitalisti d'America.
                                                                                                  
                                                                                                  PCL Frosinone.

giovedì 21 agosto 2014

« Quali che siano le circostanze della mia morte, io morirò con la incrollabile fede nel futuro comunista. Questa fede nell'uomo e nel suo futuro mi dà, persino ora, una tale forza di resistenza che nessuna religione potrebbe mai darmi... Posso vedere la verde striscia di erba oltre la finestra ed il cielo limpido azzurro oltre il muro, e la luce del sole dappertutto. La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla di ogni male, oppressione e violenza e goderla in tutto il suo splendore. »

Lev Davidovič Bronštejn "Trotsky" - Janovka, 7 novembre 1879 – Coyoacán, 21 agosto 1940.


lunedì 18 agosto 2014

                                            AMERIKKKA





Ferguson, St Luis, Missouri. Uccidere un ragazzo di colore non è reato.
Michael Brown, diciottenne di colore muore ucciso da un poliziotto, disarmato.
"Hands up, don't shoot", ha gridato il ragazzo prima di essere raggiunto da uno stuolo di proiettili. 

E' tutto chiarissimo. Se sei nero diventi immediatamente un sospettato, un delinquente passabile alla pena di morte in strada, a colpi di pistola. Non valgono i tuoi diritti, non vale la tua innocenza, non vale essere disarmato e con le mani alzate.
Ci chiediamo come sia possibile questo. E la risposta sta lì, sta nel comprendere la profonda ambiguità di una società cresciuta sullo sfruttamento razziale.

La profonda crisi che scuote gli USA sta accrescendo la disparità di classe, sta delineando sempre più la distanza tra chi vive "garantito" dal sistema e chi ne vive ai margini. Disparità di classe che riporta allo scoperto la profonda disparità razziale che permea profondamente la società americana, per nulla scomparsa a seguito dell'elezione di un presidente nero come molti ingenuamente speravano.

Ferguson è la prova di questo. Il 67% della popolazione è nera, il 94% delle forze di polizia è formata da bianchi. Quasi il 100% dei fermi in strada riguarda la popolazione nera...

La rivolta è giusta, la rivolta è necessaria. Ribellarsi a questo atto è una prova evidente di ribellione verso qualcosa di più grande. Ribellarsi al razzismo è ribellarsi al capitalismo.

Il razzismo non è un'invenzione, non è ignoranza. Il razzismo è funzionale al capitalismo, è parte dello sfruttamento, è necessario a tenere a bada le aspirazioni delle masse nere americane. E' un prodotto del capitale, come la Colt o il Chewin gum...


Il razzismo sparirà insieme al sistema che l'ha generato : il capitalismo.

La nostra piena solidarietà va alla famiglia di Michael, alla comunità nera in lotta nelle strade, a tutti gli anticapitalisti d'America. 
     
                                                                                            PCL Frosinone