mercoledì 29 gennaio 2014

LA STRAGE DI DERRY: UNA VENDETTA DELL'IMPERIALISMO BRITANNICO

Era il 30 gennaio 1972. Furono uccise 14 persone, disarmate che fuggivano.
Città di Derry, Irlanda del Nord, una domenica pomeriggio.

Quel giorno a Derry si teneva una manifestazione per i diritti civili, indetta dalla Northern Ireland Civil Rights Association, una manifestazione non autorizzata. Si protestava contro delle leggi speciali repressive del governo unionista che includevano l'Internment, cioè la possibilità di imprigionare una persona a tempo indeterminato senza processo, tanto che molti irlandesi si trovavano in questa situazione.
In vista della manifestazione furono schierati nelle strade i paracadutisti.
Inspiegabilmente dopo qualche lieve tafferuglio i paracadutisti di sua maestà aprirono inspiegabilmente il fuoco, provocando una vera e propria carneficina.
Spararono per uccidere. E uccisero.
Morirono 14 persone, otto avevano meno di 23 anni, tutti mentre scappavano; alcuni mentre sventolavano un fazzoletto bianco e gridavano di non sparare.
I paracadutisti dissero che a spararono per primi furono i manifestanti, in realtà furono i soli a sparare.
Fu tutto orchestrato. Nessuno dei para' fu condannato. I militari aprirono il fuoco perchè così dovevano fare. Dovevano uccidere per far capire chi comandava, per intimorire il popolo irlandese in lotta.
Ma i popoli non si arrendono. Gli irlandesi non si arresero e risposero alla violenza imperialista con la violenza rivoluzionaria, a volte di massa con duri scontri di piazza, altre volte con la violenza guerrigliera.
Non si arrendono tutt'oggi.
Esprimiamo solidarietà al popolo Irlandese in lotta, è un nostro dovere da Internazionalisti e ricordiamo che solo chi lotta vince.
Derry is not Londonderry
Irlanda libera!-Free Ireland!
                                                                       Partito Comunista dei Lavoratori - Frosinone

lunedì 27 gennaio 2014

SOLIDARIETA' AI FACCHINI GRANAROLO. LA LOTTA E' DI CLASSE!

Le lotte portate avanti dai facchini Granarolo a Cadriano (Bologna) stanno ad indicare quanto sia ingiusto verso i lavoratori il sistema capitalistico, che sfrutta, spreme quando gli fa comodo e poi licenzia senza pietà gettando in una strada lavoratori e famiglie.
I facchini dall'estate 2013 chiedono il reintegro di 51 lavoratori licenziati ingiustamente dal consorzio SGB e il rispetto degli accordi firmati anche con  la prefettura.Il Reintegro è atteso da ben nove mesi, ed allora i facchini e il sindacato SI Cobas continueranno la lotta fino al reintegro dei lavoratori, licenziati dopo 10-15 anni di servizio.
La domanda  rivolta alla Granarolo e alla prefettura è la seguente: Come possono vivere dei lavoratori senza stipendio da nove mesi?
La Granarolo poi, cerca di giustificarsi dichiarandosi estranea ai licenziamenti, quando invece ne è la prima responsabile in quanto committente.
Lo stato borghese nella vicenda, come in tutte le altre si è schierato dalla parte dell'azienda picchiando e arrestando due sindacalisti. E come se non bastasse, la polizia ha addirittura caricato il latte al servizio di licenziatori e crumiri.
Ricordiamo che i lavoratori hanno tutti i diritti di protestare, in qualsiasi maniera, e rivendichiamo l'unità delle lotte al fine di fare fronte unico contro i padroni e i loro lacchè.
Ancora una volta la lotta è di classe!
                                                                                                            PCL Frosinone

venerdì 24 gennaio 2014



LEGGE ELETTORALE E DEMOCRAZIA BORGHESE CONTRO LA GOVERNABILITA', UNA BATTAGLIA DI CLASSE PER LA RAPPRESENTANZA


23 Gennaio 2014



L'attuale proposta di legge elettorale Renzi/Berlusconi è peggio di una legge truffa ordinaria. E' una provocazione reazionaria.

Il diritto negato di preferenza è solo un aspetto limitato della questione. E' un aspetto significativo, naturalmente, perchè è mirato a concentrare il massimo potere di comando e controllo delle segreterie di PD e PDL sui propri gruppi parlamentari e partiti: a beneficio di Renzi, contro la minoranza interna minacciata di epurazione; e di Berlusconi, contro le spinte centrifughe che albergano in Forza Italia e la concorrenza elettorale di NCD e dei suoi clan, spesso più radicati sul territorio. Questo fatto spiega perchè il punto delle preferenze è diventato il principale pomo della discordia nei due cantieri del bipolarismo, in particolare nel PD.

Ma questo aspetto fa velo su enormità ben più grandi, dal punto di vista democratico.

La combinazione di un premio di maggioranza del 18% a partire dal 35% di coalizione; dell'elevamento delle soglie di sbarramento all'8% per l'accesso in Parlamento di liste indipendenti; dell'innalzamento al 5% delle soglie di sbarramento per le stesse liste interne alla coalizione; del calcolo dei voti delle liste escluse dalla rappresentanza a favore dei partiti rappresentati; del ballottaggio tra le due coalizioni più votate sotto il 35% ,senza soglie di riferimento ; produce , nel suo insieme, una risultante molto semplice: un partito del 20% (o poco più) può giungere virtualmente a ottenere una maggioranza assoluta del Parlamento, con un premio di maggioranza del 30% (!). Come e più del famigerato Porcellum. Come e più della legge Acerbo varata dai fascisti nel 23 ( che assicurava i due terzi del parlamento per chi avesse raggiunto il 25% dei voti, ma non prevedeva né soglie di sbarramento, né il ballottaggio tra i due più votati sotto il 25%). L'accordo “storico” Renzi / Berlusconi è questo: non solo la spartizione del comando nei rispettivi schieramenti ma la spartizione e contesa di un'enorme massa di elettori privati del diritto di rappresentanza. Secondo la logica maggioritaria degli ultimi 20 anni, ma peggio che negli ultimi 20 anni.

“Viva Matteo”, grida entusiasta la grande stampa borghese, liberale o reazionaria che sia. Larga parte degli ambienti borghesi “antiberlusconiani” (v. La Repubblica) che avevano denunciato gli orrori del Porcellum varato da Berlusconi, benedicono una legge analoga e peggiore quando viene promossa da Renzi a beneficio di Renzi. Al punto da assolvere come spiacevole necessità la stessa resurrezione del suo sodale Berlusconi quale padre della Patria. Nel migliore dei casi traspare il dubbio ( fondato) che lo stesso Berlusconi possa un domani avvantaggiarsi delle “virtù” della legge. Ma appare un dettaglio, a fronte della luce radiosa di una nuova possibile “governabilità”.

Questa è infatti la chiave di lettura : il primato della governabilità borghese su ogni altro “valore” o considerazione. Sulla bocca di tanti specchiati “democratici”, il principio democratico di rappresentanza è nulla, la governabilità del capitalismo è tutto. E siccome nell'epoca della grande crisi capitalista i partiti di governo attraversano fisiologicamente una profonda crisi di consenso presso la maggioranza della società, c'è un solo modo per perpetuare la rapina dei capitalisti e dei banchieri: consentire un governo senza consenso della maggioranza. Questo è lo scopo delle diverse ingegnerie elettorali. Lo stesso dibattito accademico per lo più tratta la materia della legge elettorale in funzione del governo, non della rappresentanza. La rappresentanza è un impaccio residuale, come spiega il politologo D'Alimonte sul quotidiano di Confindustria.

Tutto ciò non accade solo in Italia, come dimostra la fisiologia maggioritaria delle diverse leggi elettorali operanti negli altri paesi capitalisti, dalla monarchica Inghilterra alla V Repubblica francese. Ma tanto più si manifesta oggi in Italia a fronte di una crisi politica e istituzionale senza paragone tra i paesi imperialisti e di un programma annunciato di lacrime e sangue particolarmente pesante alle soglie del Fiscal Compact. Come poter imporre nei prossimi anni e decenni a una maggioranza esangue di lavoratori e popolazione povera gli ulteriori sacrifici pretesi dalle grandi imprese, dal capitale finanziario, dall'Unione Europea dei capitalisti e dei banchieri? Come poterlo fare dentro una cornice formalmente costituzionale e “democratica”, basata sul suffragio universale? La risposta è semplice: plasmando la democrazia borghese e la stessa Costituzione borghese secondo le esigenze sempre più vincolanti del capitale in crisi. Questo è stato il codice delle riforme elettorali e istituzionali della seconda Repubblica, dall'introduzione del maggioritario al pareggio di bilancio in Costituzione. Oggi il renzismo mira a concludere la lunga transizione con una “soluzione” che vorrebbe essere stabile, organica, definitiva. A questo plaude la borghesia italiana, dopo anni di crisi politica e di convulsioni istituzionali.

Contro la legge truffa Renzi/Berlusconi è necessario innanzitutto il più ampio fronte unico di lotta di tutte le sinistre politiche, sindacali, di movimento, a partire da una grande manifestazione nazionale di massa.

Ma questa lotta deve ricondurre il terreno democratico a una riconoscibile ragione di classe, anticapitalista, rivoluzionaria. La rivendicazione di una legge elettorale pienamente e integralmente proporzionale ( una testa un voto, uguaglianza tra i voti, tanti voti tanti seggi) è una battaglia elementare di democrazia, che nasce storicamente col movimento operaio oltre un secolo fa, contro le leggi maggioritarie / censitarie del liberalismo borghese. Quella battaglia recupera oggi una straordinaria attualità nel momento in cui il liberalismo borghese, sotto la pressione della crisi capitalista, tende a tornare al primo 900 non solo nelle politiche sociali ma negli stessi assetti istituzionali.

Per questa stessa ragione, tale battaglia può essere sviluppata sino in fondo e coerentemente solo nella prospettiva di un governo dei lavoratori e di una Repubblica dei lavoratori. I lavoratori, i precari, i disoccupati non hanno nulla da guadagnare, ma solo da perdere, dalla governabilità del sistema che li sfrutta. L'unica “governabilità” che li può interessare è quella che si basa sulla loro organizzazione e la loro forza: cioè sul loro potere.

MARCO FERRANDO


martedì 21 gennaio 2014

21 GENNAIO 1921: NASCE IL PARTITO COMUNISTA D'ITALIA (SEZ. DELLA TERZA INTERNAZIONALE)

In data odierna nasceva a Livorno nel 1921 il Partito Comunista d'Italia.
Un partito alla cui fase iniziale noi compagni del PCL ci ispiriamo, recuperando la linea storica e rivoluzionaria che il partito adottò seguendo le direttive della terza internazionale, sotto l'impulso di Antonio Gramsci.
Difendiamo la natura storica del PCd'I, che niente aveva a che fare con lo stalinismo e con la sua variante italiana, il togliattismo.
Ricordiamo tale grandiosa nascita con uno scritto di Gramsci, riguardante appunto il Partito.

Il partito comunista



L'Ordine Nuovo , 9 ottobre 1920

Il movimento proletario, nella sua fase attuale, tende ad attuare una rivoluzione nell'organizzazione delle cose materiali e delle forze fisiche; i suoi tratti caratteristici non possono essere i sentimenti e le passioni diffuse nella massa e che sorreggono la volontà della massa; i tratti caratteristici della rivoluzione proletaria possono esser ricercati solo nel partito della classe operaia, nel Partito comunista, che esiste e si sviluppa in quanto è l'organizzazione disciplinata della volontà di fondare uno Stato, della volontà di dare una sistemazione proletaria all'ordinamento delle forze fisiche esistenti e di gettare le basi della libertà popolare.

L'operaio nella fabbrica ha mansioni meramente esecutive. Egli non segue il processo generale del lavoro e della produzione; non è un punto che si muove per creare una linea; è uno spillo conficcato in un luogo determinato e la linea risulta dal susseguirsi degli spilli che una volontà estranea ha disposto per i suoi fini. L'operaio tende a portare questo suo modo di essere in tutti gli ambienti della sua vita; si acconcia facilmente, da per tutto, all'ufficio di esecutore materiale, di "massa" guidata da una volontà estranea alla sua; è pigro intellettualmente, non sa e non vuole prevedere oltre l'immediato, perciò manca di ogni criterio nella scelta dei suoi capi e si lascia illudere facilmente dalle promesse; vuol credere di poter ottenere senza un grande sforzo da parte sua e senza dover pensare troppo.

Il Partito comunista è lo strumento e la forma storica del processo di intima liberazione per cui l'operaio da esecutore diviene iniziatore, da massa diviene capo e guida, da braccio diviene cervello e volontà; nella formazione del Partito comunista è dato cogliere il germe della libertà che avrà il suo sviluppo e la sua piena espansione dopo che lo Stato operaio avrà organizzato le condizioni materiali necessarie.

Il Partito comunista, anche come mera organizzazione si è rivelato forma particolare della rivoluzione proletaria. Nessuna rivoluzione del passato ha conosciuto i partiti; essi sono nati dopo la rivoluzione borghese e si sono decomposti nel terreno della democrazia parlamentare. Anche in questo campo si è verificata l'idea marxista che il capitalismo crea forze che poi non riesce a dominare.

I partiti democratici servivano a indicare uomini politici di valore e a farli trionfare nella concorrenza politica; oggi gli uomini di governo sono imposti dalle banche, dai grandi giornali, dalle associazioni industriali; i partiti si sono decomposti in una molteplicità di cricche personali.

Il Partito comunista, sorgendo dalle ceneri dei partiti socialisti, ripudia le sue origini democratiche e parlamentari e rivela i suoi caratteri essenziali che sono originali nella storia: la rivoluzione russa è la rivoluzione compiuta dagli uomini organizzati nel Partito comunista, che nel partito si sono plasmati una personalità nuova, hanno acquistato nuovi sentimenti, hanno realizzato una vita morale che tende a divenire coscienza universale e fine per tutti gli uomini.

I partiti politici sono il riflesso e la nomenclatura delle classi sociali. Essi sorgono, si sviluppano, si decompongono, si rinnovano, a seconda che i diversi strati delle classi sociali in lotta subiscono spostamenti di reale portata storica, vedono radicalmente mutate le loro condizioni di esistenza e di sviluppo, acquistano una maggiore e più chiara consapevolezza di sé e dei propri vitali interessi.

Nell'attuale periodo storico e in conseguenza della guerra imperialista che ha profondamente mutato la struttura dell'apparecchio nazionale e internazionale di produzione e di scambio, è divenuta caratteristica la rapidità con cui si svolge il processo di dissociazione dei partiti politici tradizionali, nati sul terreno della democrazia parlamentare, e del sorgere di nuove organizzazioni politiche: questo processo generale ubbidisce a una intima logica implacabile, sostanziata dalle sfaldature delle vecchie classi e dei vecchi ceti e dai vertiginosi trapassi da una condizione ad un'altra di interi strati della popolazione in tutto il territorio dello Stato, in tutto il territorio del dominio capitalistico.

Il Partito socialista si dice assertore delle dottrine marxiste; il partito dovrebbe quindi avere, in queste dottrine, una bussola per orientarsi nel groviglio degli avvenimenti, dovrebbe possedere quella capacità di previsione storica che caratterizza i seguaci intelligenti della dialettica marxista, dovrebbe avere un piano generale d'azione, basato su questa previsione storica, ed essere in grado di lanciare alla classe operaia in lotta parole d'ordine chiare e precise; invece il Partito socialista, il partito assertore del marxismo in Italia, è, come il Partito popolare, come il partito delle classi più arretrate della popolazione italiana, esposto a tutte le pressioni delle masse e si muove e si differenzia quando già le masse si sono spostate e differenziate. In verità questo Partito socialista, che si proclama guida e maestro delle masse, altro non è che un povero notaio che registra le operazioni compiute spontaneamente dalle masse; questo povero Partito socialista, che si proclama capo della classe operaia, altro non è che gli impedimenta dell'esercito proletario.

Se questo strano procedere del Partito socialista, se questa bizzarra condizione del partito politico della classe operaia non hanno finora provocato una catastrofe, gli è che in mezzo alla classe operaia, nelle sezioni urbane del Partito, nei sindacati, nelle fabbriche, nei villaggi, esistono gruppi energici di comunisti consapevoli del loro ufficio storico, energici e accorti nell'azione, capaci di guidare e di educare le masse locali del proletariato; gli è che esiste potenzialmente, nel seno del Partito socialista, un Partito comunista al quale non manca che l'organizzazione esplicita, la centralizzazione e una sua disciplina per svilupparsi rapidamente, conquistare e rinnovare la compagine del partito della classe operaia, dare un nuovo indirizzo alla Confederazione Generale del Lavoro e al movimento cooperativo.

Il problema immediato di questo periodo, che succede alla lotta degli operai metallurgici e precede il congresso in cui il Partito deve assumere un atteggiamento serio e preciso di fronte all'Internazionale comunista, è appunto quello di organizzare e centralizzare queste forze comuniste già esistenti e operanti.

Il Partito socialista, di giorno in giorno, con una rapidità fulminea, si decompone e va in sfacelo; le tendenze in un brevissimo giro di tempo, hanno già acquistato una nuova configurazione; messi di fronte alle responsabilità dell'azione storica e agli impegni assunti nell'aderire all'Internazionale comunista, gli uomini e i gruppi si sono scompigliati, si sono spostati; l'equivoco centrista e opportunista ha guadagnato una parte della direzione del Partito, ha gettato il turbamento e la confusione nelle sezioni.

Dovere dei comunisti, in questo generale venir meno delle coscienze, delle fedi, della volontà, in questo imperversare di bassezze, di viltà, di disfattismi è quello di stringersi fortemente in gruppi, di affiatarsi, di tenersi pronti alle parole d'ordine che verranno lanciate. I comunisti sinceri e disinteressati, sulla base delle tesi approvate dal II Congresso della III Internazionale, sulla base della leale disciplina alla suprema autorità del movimento operaio mondiale, devono svolgere il lavoro necessario perché, nel più breve tempo possibile, sia costituita la frazione comunista del Partito socialista italiano, che, per il buon nome del proletariato italiano, deve, nel Congresso di Firenze, diventare, di nome e di fatto, Partito comunista italiano, sezione della III Internazionale comunista; perché la frazione comunista si costituisca con un apparecchio direttivo organico e fortemente centralizzato, con proprie articolazioni disciplinate in tutti gli ambienti dove lavora, si riunisce e lotta la classe operaia, con un complesso di servizi e di strumenti per il controllo, per l'azione, per la propaganda che la pongano in condizioni di funzionare e di svilupparsi fin da oggi come un vero e proprio partito.

I comunisti, che nella lotta metallurgica hanno, con la loro energia e il loro spirito di iniziativa, salvato da un disastro la classe operaia, devono giungere fino alle ultime conclusioni del loro atteggiamento e della loro azione: salvare la compagine primordiale (ricostruendola) del partito della classe operaia, dare al proletariato italiano il Partito comunista che sia capace di organizzare lo Stato operaio e le condizioni per l'avvento della società comunista.



sabato 18 gennaio 2014

GLI ANTIFASCISTI PROTESTANO, LA POLIZIA CARICA.

Solidarietà e complicità ai compagni caricati ieri a Milano dagli sbirri, per il loro impegno antifascista.
I fascisti avrebbero dovuto avere un incontro con Lealtà e Azione, noto gruppo nazista alla Statale, ma visto che era presidiata dai compagni si sono spostati al Politecnico in Città Studi. Quando i compagni si sono spostati in zona Piola sono stati caricati, smascherando di nuovo la copertura che la polizia offre ai fascisti.
Come Partito Comunista dei Lavoratori non smetteremo mai di dire che l'antifascismo va praticato in maniera militante. Non crediamo all'antifascismo istituzionale, organizziamoci e lottiamo, non permettiamo loro di alzare la testa.
                                                                                               PCL Frosinone.

venerdì 17 gennaio 2014

Un importante contributo sulla questione nazionale di un grande marxista italiano.
Pietro Tresso. Tra i fondatori della Quarta internazionale e ucciso dai sicari di Stalin mentre prendeva parte alla resistenza francese nel '43.
                                                         PCL Frosinone.

Marxismo e questione nazionale 


Pietro Tresso (1893-1943)

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Un esame approfondito della questione nazionale dovrà tener conto, prima di tutto, del processo attraverso il quale si è arrivati alla formazione delle “nazioni” contemporanee. Questo processo non è che un aspetto più generale dello sviluppo del capitalismo. E’ il capitalismo che ha creato le “nazioni”. Prima del capitalismo, c’erano dei gruppi etnici più o meno omogenei, più o meno differenti, ma la nazione non esiste. In Italia, per esempio, i Lombardi, i Veneti, etc…,etc.. Questi gruppi etnici avevano, tra di loro, delle similitudini nella lingua, delle tradizioni e una posizione geografica che li avevano più o meno avvicinati, attraverso i secoli, per mezzo di eventi storici comuni. Tuttavia, essi non erano ancora una” nazione”. La nazione non esisteva ancora nel 1870, al momento della fine del potere temporale dei papi. L’anno 1870 rappresenta una tappa importante nella formazione della nazione italiana, poichè essa segna l’unificazione di tutto il territorio della penisola in una sola entità amministrativa e politica. Nondimeno manca ancora quella unità effettiva creata dall’installazione e dalla dominazione del capitalismo, il quale sottomette la “nazione” tutt’intera alla medesima legge di sviluppo, che, come si è detto più in alto, è la legge dello sviluppo del capitalismo.
Ciò che è stato detto per l’Italia potrebbe essere ripetuto, aldilà, dei dati particolari, per la Francia, la Germania, etc….

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Tuttavia il capitalismo non è solamente la forza che creò le nazioni, è anche quello che, a un certo stadio del suo sviluppo, le sottomette e le opprime. Il Trattato di Versailles ne è la prova più mostruosa. La guerra del 114-1918 ha “liberato” certi popoli dal centralismo burocratico e militare semi-feudale a cui erano sottomessi. Lo smantellamento dell’impero austro-ungarico, la creazione di una Polonia “indipendente”, etc.., ne sono un esempio. Ma nello stesso tempo, esso ha sottomesso altri popoli o delle frazioni di questi agli stati vincitori e, talvolta, a quegli stessi stati che erano sorti in nome dell’indipendenza nazionale. La Polonia, per esempio, che era una “nazione oppressa” sotto l’impero zarista è divenuta a sua volta uno stato che opprime minoranze nazionali. Lo stesso si può dire della Cecoslovacchia, etc.., etc… Nello stesso tempo, le “nazioni” liberate dall’antico centralismo burocratico-militare sono state sottomesse, in realtà, a una schiavitù mille volte più dura e pericolosa, la schiavitù dell’imperialismo moderno.Per esempio, i differenti popoli che costituivano l’antico impero austro-ungarico sono stati “liberati”, ma la loro “liberazione” ha significato nello stesso tempo lo smembramento dell’antica confederazione danubiana, la fine di quella unità economica che era nata e si era sviluppata sulla base di questa confederazione, e la sottomissione effettiva di ciascuno di questi stati, oggi “liberi”, ai banchieri di Parigi, Londra e New York. Altri popoli, al contrario, non fecero altro che passare da un padrone all’altro. Per esempio, i croati e gli sloveni che, ieri, “gemevano” sotto il giogo della monarchia austro-ungarica, maledicono oggi la dominazione della monarchia serba o quella, assai crudele, del fascismo italiano.
Questi fatti rivelano chiaramente che il capitalismo, da forza creatrice di nazioni, è divenuto una forza che le beffeggia, le opprime e le distrugge. Oggi è chiaro che il destino delle nazioni, in ciò che esse rappresentano di progressivo per l’umanità, è strettamente legato alle sorti del proletariato.



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Se dall’Europa passiamo all’Asia o all’Africa, questa verità ci appare ancora più evidente. Tutta la lotta del capitalismo delle metropoli consiste, in fondo, a mantenere i paesi coloniali nella condizione di fornitori di materie prime e di compratori di prodotti manifatturieri. Si vuole così impedire che questi paesi costruiscano una industria nazionale moderna perché, in questo caso, non solamente essi cesserebbero d’essere delle colonie, ma diventerebbero –come dimostra il Giappone- per queste metropoli, dei concorrenti molto pericolosi sul mercato mondiale. Ma impedire a questi paesi di creare la loro propria industria moderna, significa precisamente rendere loro possibile l’accesso a una via nazionale, cioè a divenire delle nazioni.



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Il Trattato di Versailles, il trionfo della rivoluzione russa, lo sviluppo dei movimenti rivoluzionari negli altri paesi e le difficoltà particolari del movimento rivoluzionario del proletariato nelle regioni dove esistono delle minoranze nazionali, hanno reso il problema di queste minoranze infinitamente più importante di prima della guerra. La classe operaia, sia che si fondi sull’analisi dell’imperialismo, sia sotto l’obbligo necessario della sua azione politica quotidiana, ha compreso che il problema delle minoranze nazionali non solamente non le è estraneo, ma al contrario non può essere risolto che dalla direzione della società attuale e dall’instaurazione del potere proletario. Inoltre il proletariato è, non solamente, l’alfiere di suoi propri interessi di classe, ma anche dello sviluppo delle “nazioni”. Il proletariato-precisamente perché tende a risolvere ogni problema partendo dal fatto dell’esistenza delle classi- rigetta ogni oppressione nazionale ed è la sola classe che, concretamente, agisce per la liberazione delle nazioni e delle minoranze nazionali dalla schiavitù nella quale esse si trovano attualmente, e dall’asservimento all’imperialismo e agli stati che ne sono lo strumento.



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Il proletariato è la sola classe che non solamente può scrivere sulla sua bandiera: diritto di autodecisione dei popoli, ma che può agire di conseguenza. Ma affermare che i popoli hanno diritto a disporre di sé stessi significa, nei paesi dove esistono delle minoranze nazionali, che queste minoranze hanno esse stesse lo stesso diritto, cioè che esse hanno il diritto di decidere se vogliono far parte dello stato al quale sono attualmente legate, o far parte di un altro stato, o essere autonomi. Il proletariato si oppone a qualunque forma di oppressione nazionale quale questa sia e di conseguenza è per la libertà nazionale, la più illimitata. E ciò perché il proletariato è una classe i cui interessi si esprimono non sul piano nazionale ma sul piano internazionale. Il proletariato non combatte i suoi nemici in quanto tedeschi, francesi, giapponesi o altri, ma li combatte in quanto borghesi, grandi proprietari fondiari o sfruttatori d altro tipo. Per il proletariato italiano, per esempio, il borghese, che sia italiano, francese o altro, è un nemico. E più esattamente, il nemico di cui deve sbarazzarsi in primo luogo è il borghese italiano. Al contrario, il proletariato, che sia francese o tedesco, etc…, è fratello del proletariato del proletariato italiano, precisamente perché i suoi interessi di classe sono quelli degli altri paesi.


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Lo stato italiano( prima nella forma democratica, oggi quello di forma fascista) opprime tre minoranze nazionali. La minoranza slovena, la minoranza croata e la minoranza tedesca. Esso “protegge” l’Albania e “civilizza, con i metodi del generale Badoglio, la Libia, l’Eritrea, la Somalia italiana ed è sul punto di lanciarsi contro l’Abissinia.
Lasciamo da parte per un momento le colonie e abbordiamo il problema delle minoranze croata, slovena e tedesca. Queste minoranze sono state sottomesse allo stato italiano dalla forza delle armi imperialiste, giuridicamente legittimate dai trattati di Saint-Germain e di Versailles. Noi siamo contro questo trattato di briganti, dunque siamo contro l’incorporazione forzata delle minoranze croato-slovena e tedesca allo stato italiano. Dunque noi riconosciamo a queste minoranze il diritto di scegliere esse stesse dove e con chi esse vogliono far la loro strada. Inoltre, è chiaro che il fascismo conduce contro queste minoranze una lotta nazionalista ben reale. Il fascismo ha italianizzato le strade dei loro paesi. Ha imposto nomi italiani ai loro bambini. Ha imposto dei maestri di scuola italiani. Nelle chiese, le prediche devono essere fatte in italiano (la popolazione non ne capisce neanche una parola). Nei tribunali, nei municipi, etc… tutti gli atti pubblici devono essere redatti in italiano, e tutti gli avocati sono obbligati a patrocinare in italiano. Ciò vuol dire che un contadino slavo o tedesco che vuole difendere i suoi interessi in tribunale deve servirsi di avvocati che in tribunale parlano una lingua che è loro sconosciuta. Ma dovrà fare la sua deposizione pure in italiano, una lingua completamente sconosciuta. L’oppressione nazionale non potrebbe essere più manifesta. E’ così evidente che la lotta nazionale dei croato-sloveni e dei tedeschi è progressista nella misura in cui essa diventa un ostacolo alle mire dell’imperialismo italiano. Non c’ dunque alcun dubbio che il proletariato ed il suo partito, in questa lotta, devono essere dalla parte delle minoranze nazionali contro lo at imperialista italiano, che sia fascista o democratico. Non agire, anzi, significa rendersi complici dell’imperialismo italiano, significa rafforzare il suo potere, significa tradire non solamente i diritti delle minoranze nazionali ma, prima e soprattutto, gli interessi del proletariato e gli interessi della rivoluzione. Il proletariato deve appoggiare tutte le rivendicazioni di liberazione nazionale delle minoranze nazionali oppresse dallo stato italiano, compreso il loro diritto a separarsi dallo stato italiano e a camminare insieme con chi vogliono.


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Riconoscere questo diritto non implica tuttavia che il proletariato deve consigliare a queste minoranze, sempre e dappertutto, di separarsi dallo stato italiano. Al contrario, l’opposto può rivelarsi giusto. Per esempio, noi riconosciamo ai credenti il diritto di pregare il loro dio e anche quello di andare in chiesa (a patto che paghino i loro preti), ma ciò non significa che noi gli consigliamo di pregare, ne di andare in chiesa. Al contrario, noi facciamo tutto per persuaderli a non fare né l’uno né l’altro. Lo stesso vale per ciò che riguarda la separazione delle minoranze nazionali dello stato italiano. La sola guida che deve servirci in questo caso è l’interesse della rivoluzione. Se questo interesse è favorito dalla separazione delle minoranze nazionali dallo stato italiano, allora noi glielo consiglieremo e noi li aiuteremo in questa loro lotta per la realizzazione di un diritto riconosciuto; se, al contrario, gli interessi della rivoluzione italiana saranno ostacolati da questa separazione, consiglieremo alle minoranze nazionali di non separarsi dallo stato italiano. Tuttavia spetta solo a loro decidere.





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Le minoranze nazionali non si definiscono semplicemente come tali, esse costituiscono un certo insieme di classi.
In altri termini, tra le minoranze nazionali esistono le differenze di classe. Talvolta, la differenziazione delle classi coincide, o quasi, con la differenziazione nazionale. Fra gli Sloveni dell’Istria, per esempio, la massa dei contadini poveri è slovena, mentre i proprietari terrieri sono italiani. Noi dobbiamo sostenere le masse lavoratrici (operai e contadini poveri) per sviluppare la loro azione di classe contro i loro sfruttatori ( siano italiani,sloveni, croati o tedeschi) e con lo stato borghese al quale sono assoggettati, cioè lo stato italiano. Noi non sacrifichiamo le loro rivendicazioni nazionali ai loro interessi di classe ma, difendendo i loro interessi di classe, noi siamo i soli a difendere realmente, egualmente le loro rivendicazioni nazionali. Ci sono due possibilità per le quali le minoranze, attualmente facenti parte dello stato italiano, ottengano la loro liberazione nazionale. La prima sarebbe una nuova guerra imperialista in cui lo stato italiano fosse sconfitto dallo stato yugoslavo o tedesco. Tuttavia questa possibilità costituirebbe una disfatta di tutto il proletariato e per le masse lavoratrici e creerebbe, senza alcun dubbio, una situazione contraria, cioè al posto delle minoranze nazionali all’interno dello stato italiano, avremo delle minoranze nazionali italiane all’interno dello stato vincitore. Questa soluzione è qulla a cui mirano gli imperialisti stranieri e i movimenti nazionalisti piccolo borghesi esistenti, al meno potenzialmente, in seno alle minoranze nazionali slovena, croata e tedesca. Inoltre questa “soluzione” lascerebbe intatta l’oppressione di classe contro queste stesse minoranze nazionali “liberate”. L’altra soluzione, la sola, la vera soluzione, è la vittoria del proletariato italiano sulla propria borghesia. Questa soluzione apporterebbe, d’un colpo, la liberazione di classe alle masse popolari delle minoranze nazionali e il soddisfacimento di tutte le loro rivendicazioni nazionali. E’ la sola soluzione che noi dobbiamo indicare alle minoranze nazionali assoggettate allo stato italiano. E’ l’unica soluzione alla quale dobbiamo lavorare. Ma in che modo? “Smascherando implacabilmente l’oppressione borghese della nazione dominante e conquistando la fiducia del proletariato ( e delle masse lavoratrici povere – Blasco) della nazionalità oppressa” (Trotskij).
“ Ogni altra via equivarrebbe a sostenere il nazionalismo reazionario della borghesia imperialista della nazione dominante, contro il nazionalismo rivoluzionario democratico della nazione oppressa”( Trotskij).


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Oltre la questione delle minoranze nazionali, noi abbiamo avuto in Italia, dal 1919 al 1921, degli altri movimenti autonomisti e separatisti: I due movimenti più caratteristici furono il movimento siciliano e sardo. Quali furono i loro caratteri?
Il movimento separatista siciliano era diretto da dei grandi proprietari terrieri e dalla grande borghesia siciliana. Questo movimento voleva separarsi dall’Italia non perché intendeva spezzare i legami burocratici e di dipendenza con lo stato borghese italiano, ma perché temeva che la rivoluzione scoppiasse in Italia. La grande borghesia siciliana tentò di sfruttare il malcontento delle masse operaie e contadine di fronte all’oppressione della borghesia continentale e dello stato italiano per dirottarli in una lotta contro la rivoluzione proletaria italiana.
Il movimento autonomista e separatista sardo, al contrario, si proponeva di spezzare i legami con lo stato italiano perché vedeva in questo l’ostacolo maggiore alle realizzazioni delle rivendicazioni sociali e culturali delle masse popolari della Sardegna.
Il primo fu dunque un movimento puramente reazionario. Il secondo, al contrario, fu un movimento rivoluzionario democratico. Quale doveva essere il nostro orientamento di fronte ai due movimenti? Nel primo caso, bisognava smascherare il separatismo della grande borghesia siciliana quale nuovo modo di sfruttare le masse operaie e contadine della Sicilia. Nel secondo caso, bisognava dimostrare alle masse della Sardegna che il loro separatismo non poteva che condurli alla disfatta e che il loro destino era strettamente legato a quello del proletariato italiano. Per raggiungere questo risultato bisognava pertanto, nei due casi, dimostrare con i fatti, tanto alle masse operaie e contadine della Sicilia e quelle della Sardegna, che il proletariato difendeva realmente i loro interessi e le loro aspirazioni contro l’oppressione burocratica-militare e culturale sia dello stato e della borghesia italiana, sia delle cricche semi-feudali siciliane e sarde.
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Per quanto riguarda gli errori e i crimini degli staliniani in quest’ambito, sarebbe necessario uno studio a parte. Tre cose, tuttavia, possono essere sottolineate:
1. gli staliniani hanno tradito la formula di Lenin: diritto delle minoranze nazionale all’autodecisione, compreso il diritto alla separazione dallo stato, con: “separatevi dallo stato”. Come se fosse possibile, per queste minoranze, separarsi dallo stato oppressore senza passare sotto l’oppressione di un altro imperialismo.
2. Essi hanno spezzato, il legame che esiste tra il problema della liberazione nazionale e quello della liberazione sociale del proletariato, cioè il problema della rivoluzione proletaria.
3. Essi hanno messo nello stesso sacco i movimenti separatisti reazionari e i movimenti rivoluzionari democratici. Facendo ciò, essi sono caduti in una accumulazione di aberrazioni tradendo gli interessi e le rivendicazioni delle minoranze nazionali e favorendo il gioco dei briganti imperialisti dell’uno o dell’altro campo.


1935





Pietro Tresso, militante nel P.S.I insieme aGramsci, fu tra i fondatori del Pc d’I, prese parte al IV congresso dell’Internazionale Comunista. Membro dell’Ufficio politico,nel 1928. Nel 1930 fu espulso dal partito, ormai sottomesso a Stalin, insieme ad Alfonso Leonetti, e Carlo Ravazzoli perché si opponeva a Togliatti che sosteneva che che il fascismo era prossimo al crollo e si doveva organizzare il partito alla presa del potere.Ciò significava il rientro dei militanti nello stato italiano. I tre contestarono l’analisi togliattiana sullo stato del regime e respinsero la tattica sciagurata del “socialfascismo”: attaccare i partiti intermedi e i socialisti, definiti “socialfascisti”. I tre sostenevano la tattica del fronte unico, abbandonata dagli stalinisti. Combattente nella Resistenza francese, fu assassinato dai sicari stalinisti.

martedì 14 gennaio 2014

15 GENNAIO 1919 : L'ASSASSINIO DI ROSA LUXEMBURG E KARL LIEBKNECHT.

Il 15 gennaio del 1919 avveniva a Berlino l'assassinio di due dei più grandi dirigenti del movimento operaio internazionale. Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Uccisi perchè rivoluzionari, pericolosi perchè capaci, criminali per lo stato tedesco, perchè comunisti ed internazionalisti.
Nel giorno a loro dedicato, noi rivoluzionari vogliamo ricordarli con un breve scritto di Trotsky. Per fare chiarezza riguardo le concezioni dello Spartachismo, difendendolo dalle storpiature ultrasinistre o staliniane.
Muoiono i rivoluzionari, ma non la Rivoluzione. Continuiamo a batterci contro il capitale senza dimenticare i fondamentali insegnamenti che Rosa e Karl sono stati capaci di dare noi.
                                                                                                PCL Frosinone

TROTSKY: ROSA LUXEMBURG E LA QUARTA INTERNAZIONALE.


In Francia e altrove sono stati compiuti ultimamente parecchi sforzi per costruire un cosiddetto luxemburghismo da usare come un trinceramento, da parte dei centristi di sinistra, contro il bolscevismo-leninismo. Questo fatto può assumere un particolare significato. Potrà forse essere necessario dedicare nel prossimo futuro un articolo esaustivo su cosa sia il vero luxemburghismo. Qui mi occuperò solo dei punti essenziali della questione. Abbiamo più di una volta preso le difese di Rosa Luxemburg contro l'impudente e stupida falsificazione fattane da Stalin e dalla sua burocrazia. E continueremo a farlo. In ciò non siamo spinti da nessuna considerazione di tipo sentimentalistico, ma dalle esigenze della critica dialettico-materialista. La nostra difesa di Rosa Luxemburg non è, però, incondizionata. I punti deboli degli insegnamenti di Rosa Luxemburg sono tanto teorici quanto pratici. I membri del S.A.P.  e altri simili elementi (vedi, per esempio, il dilettantistico intellettualismo degli esponenti della cosiddetta "cultura proletaria": il francese Spartacus, il periodico degli studenti socialisti belgi e, spesso, anche l'Action Socialiste belga, ecc.) utilizzano unicamente i lati errati che sono senza dubbio decisivi in Rosa; loro generalizzano ed esagerano queste mancanze all'estremo e costruiscono su esse un sistema profondamente assurdo. Il paradosso consiste in ciò, che alla fine svoltano verso lo stalinismo - senza esserne consci e neppure accorgendosene - arrivando a compiere una caricatura dei lati negativi del luxemburghismo, non dicendo niente sul tradizionale centrismo o sul centrismo di sinistra della schiera socialdemocratica.
Non si va avanti di un passo nel dire che Rosa Luxemburg contrapponeva spassionatamente la spontaneità delle masse alla "vittoriosa e coronata" politica conservatrice della socialdemocrazia tedesca, specialmente dopo la rivoluzione del 1905. Questa contrapposizione aveva carattere completamente rivoluzionario e progressista. Molto tempo prima di Lenin, Rosa Luxemburg ha compreso il carattere ritardante dell'ormai ossificato partito e dell'apparato sindacale ed ha cominciato a combattere contro di essi. Poiché ella confidava nell'inevitabile accentuarsi dei conflitti di classe, ha sempre previsto la certezza di un'apparizione indipendente delle masse contro il volere e contro la linea dei burocrati. In questa sua visione storica generale, Rosa si è mostrata corretta. La Rivoluzione del 1918 fu infatti "spontanea", cioè, fu compiuta dalle masse contro tutti i provvedimenti e tutte le precauzioni della burocrazia di partito. Ma, d'altro canto, la conseguente storia tedesca ha ampiamente mostrato come la spontaneità da sola è lontana dalla possibilità di ottenere vittorie durature; il regime di Hitler fornisce un pesante argomento contro la panacea della spontaneità.
Rosa stessa non si è mai auto-confinata alla mera teoria della spontaneità, come Parvus, per esempio, che più tardi ha barattato il suo fatalismo social rivoluzionario per il fatalismo più riluttante. In contrasto a Parvus, Rosa Luxemburg si è sforzata anticipatamente di educare l'ala rivoluzionaria del proletariato e ad unirla organizzativamente il più possibile. In Polonia ha costruito un'organizzazione indipendente molto rigida. Il massimo che si possa dire è che la sua valutazione storico-filosofica del movimento operaio, la preselezione della sua avanguardia, comparata all'azione di massa che era attesa, fu troppo poco accentuata in Rosa; laddove, invece, Lenin - senza consolare se stesso con i miracoli delle azioni future - prese gli operai più avanzati per saldarli costantemente e instancabilmente in fermi nuclei, illegalmente o legalmente, in organizzazioni di massa o sotterranee, per mezzo di un programma finemente definito.
La teoria della spontaneità di Rosa fu una salubre arma contro l'ossificato apparato del riformismo. Per il fatto che essa fu spesso indirizzata contro il lavoro di Lenin di costruzione di un apparato rivoluzionario, essa rivelava - certamente solo in embrione - il suo carattere reazionario. Con Rosa ciò accadde solo occasionalmente. Lei era troppo realista, in senso rivoluzionario, per sviluppare gli elementi della teoria della spontaneità in una consumata metafisica. In pratica, lei stessa, come si è già detto, insidiava questa teoria ad ogni passo. Dopo la rivoluzione del novembre 1918, lei iniziò l'ardente lavoro di assemblaggio dell'avanguardia proletaria. Malgrado il suo manoscritto teoricamente debole sulla rivoluzione sovietica, scritto in prigione ma mai pubblicato personalmente da lei, il seguente lavoro di Rosa permette di trarre con sicurezza la conclusione che, giorno per giorno, ella si stava avvicinando alla concezione teoricamente ben delineata di Lenin riguardo leadership cosciente e spontaneità. (Dev'essere certamente stata questa circostanza a impedirle di rendere pubblico il suo manoscritto contro la politica bolscevica, in seguito così vergognosamente abusato).
Permetteteci di tentare ancora una volta di applicare il conflitto, tra azione spontanea delle masse e conscio lavoro organizzativo, al tempo presente. Che immenso dispendio di forze e di altruismo le masse sfruttate di tutti i paesi civili e quasi civili hanno impiegato sin dalla guerra mondiale! Nulla nelle precedente storia dell'umanità può essere comparato ad esso. In quest'ambito Rosa Luxemburg ebbe completamente ragione, come contro i filistei, i caporali e le teste di legno del marciante e "incoronato da successo" conservatorismo burocratico. Ma è stato proprio lo sciupio di queste immisurabili energie, che forma le basi per la grande depressione del proletariato, a permettere la vittoriosa avanzata fascista. Si può dire, senza la minima esagerazione: l'intera situazione mondiale è determinata dalla crisi della leadership proletaria. Il campo del movimento operaio è ancora ingombrato da vasti residui delle vecchie organizzazioni fallite. Dopo innumerevoli sacrifici e delusioni, la maggior parte del proletariato europeo si è ritirata nel proprio guscio. La lezione decisiva che, consciamente o semi-consciamente, ne ha tratto da quest'amara esperienza, è la seguente: i grandi atti richiedono una grande leadership. Per gli affari correnti gli operai danno ancora i loro voti alle vecchie organizzazioni. I loro voti - ma non la loro sconfinata fiducia. D'altra parte, dopo il miserabile collasso della Terza Internazionale, è assai più difficile convincerli a concedere la propria fiducia ad una nuova organizzazione rivoluzionaria. Qui è appunto dove risiede la crisi della leadership proletaria. Suonare monotoni motivi sull'incerto futuro delle azioni di massa in tale situazione, in contrasto alla decisa selezione dei quadri della nuova Internazionale, vuol dire compiere un lavoro completamente reazionario. Questo è appunto il ruolo ricoperto dal S.A.P. in questo "processo storico". Un uomo dell'ala sinistra della S.A.P. della Vecchia Guardia può, certamente, richiamare i propri ricordi marxiani per arrestare l'ondata della teoria della spontaneità-barbarismo. Queste misure protettive puramente letterarie non cambiano assolutamente nulla del fatto che gli allievi di un Miles, il prezioso autore della risoluzione di pace e non meno prezioso autore dell'articolo nell'edizione francese del Bollettino giovanile, portano il più vergognoso nonsenso spontaneista persino nelle file della S.A.P. Le politiche di Schwab (l'astuto "non diciamo cosa" e l'eterna consolazione delle future azioni di massa e del "processo storico" spontaneo), anch'esso non rappresenta nient'altro che uno sfruttamento tattico di un luxemburghismo completamente distorto ed espurgato. E fino al punto in cui i "sinistri", i "marxisti", falliscono nel portare un aperto attacco a questa teoria e pratica del proprio partito, i loro articoli anti-Miles acquisiscono il carattere di una ricerca di un alibi. Tale alibi diviene innanzitutto necessario quando si prende deliberatamente parte ad un crimine.
La crisi della leadership proletaria non può, ovviamente, esser superata per mezzo di una formula astratta. Si tratta di un processo estremamente noioso. Non di un processo puramente "storico", cioè delle premesse oggettive dell'attività cosciente, ma di un'ininterrotta catena di misure ideologiche, politiche e organizzative allo scopo di fondere assieme la parte migliore, gli elementi più coscienti del proletariato mondiale sotto una bandiera senza macchie, elementi il cui numero ed autofiducia vanno costantemente rafforzati, i cui rapporti con più vaste sezioni del proletariato devono essere sviluppati e approfonditi - in una parola: ridare al proletariato, nelle attuali condizioni onerose e altamente difficili, la sua leadership storica. Gli ultimi confusionisti spontaneisti hanno tanto poco il diritto di riferirsi a Rosa quanto i miserabili burocrati del Komintern ne hanno di far riferimento a Lenin. Mettiamo da parte i piccoli risultati che gli ultimi sviluppi hanno superato, e possiamo, con piena giustificazione, portare avanti il lavoro della Quarta Internazionale sotto il segno delle "tre L", cioè, non solo sotto il segno di Lenin, ma anche sotto quello della Luxemburg e di Liebknecht.

S.A.P.  (Sozialistiche Arbeiterspartei - Partito Socialista Operaio): gruppo centrista tedesco formatosi nel 1931 attraverso una fusione di socialdemocratici di sinistra e di ex Comunisti di Destra. Alcuni dei suoi leader hanno, per un breve periodo, nel 1933, appoggiato la battaglia di Trotsky per una nuova Internazionale. La maggioranza dei suoi membri tornò infine nelle file della socialdemocrazia.

venerdì 10 gennaio 2014

ORDINE DEL GIORNO POLITICO CONCLUSIVO DEL TERZO CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI


10 Gennaio 2014

Congr. Fin
ORDINE DEL GIORNO POLITICO CONCLUSIVO



LA CRISI ITALIANA

La situazione italiana è segnata dal combinarsi della crisi politica della borghesia con la crisi del movimento operaio e dell'opposizione sociale.
Gli avvenimenti politici e le dinamiche sociali dell'ultima fase confermano questo quadro.

La fine dell'unità nazionale, segna un netto indebolimento del quadro di governo già precario. Il progetto di stabilizzazione politica su cui puntava il governo Letta è fallito. La ricollocazione di Berlusconi all'opposizione, la vittoria del renzismo nel PD, stringono la morsa attorno al governo, moltiplicando le contraddizioni interne della maggioranza che lo sostiene, già di per sé risicata al Senato. Si moltiplicano le spinte centrifughe nella stessa dinamica dei gruppi parlamentari, con problemi crescenti di governabilità , e di tensione tra cariche istituzionali ( v. Legge di stabilità, “decreto salva Roma”, Mille proroghe). Il ruolo di Napolitano quale garante istituzionale del governo appare in questo quadro indebolito, con ulteriori effetti sul governo. Parallelamente la crisi capitalista, la mancata ripresa dalla recessione, il peso del debito pubblico, gli equilibri interni di maggioranza ( v. vicenda IMU), impediscono al governo di rispondere al suo blocco sociale di riferimento e ne favoriscono l'ulteriore disgregazione (v. contestazione di Confindustria al governo per l'insufficiente dote del cuneo fiscale, insoddisfazione diffusa delle classi medie per la mancata promessa di riduzione fiscale..). L'avvicinarsi delle elezioni europee acuirà le contraddizioni interne al quadro politico. La sovrapposizione di elezioni europee ed elezioni politiche è una possibilità reale.

Il movimento operaio resta assente dallo scenario della crisi politica per responsabilità delle sue direzioni. La burocrazia CGIL si preoccupa di salvaguardare il proprio patto con Confindustria. Le sue critiche al governo sono il ricalco subalterno delle critiche padronali. Il gruppo dirigente della FIOM si preoccupa di aprire a Renzi, offrendosi quale suo interlocutore negoziale, in una logica di scavalco spregiudicato della stessa burocrazia CGIL. Col risultato di legittimare a sinistra un populismo confindustriale legato oltretutto ad ambienti capitalistici antioperai e antisindacali ( Made in Italy). SEL si avvale anche della copertura di Landini per rilanciare l'accordo di governo con Renzi. Il PRC rifiuta di sostenere l'opposizione nel congresso della CGIL, a vantaggio del gruppo dirigente della FIOM, nel momento stesso del suo slittamento a destra. Ed è avvitato nella gestione dei cocci di un fallimento politico ( crisi della segreteria, guerra interna per bande..).

Il risultato d'insieme è l'assenza totale dallo scenario italiano di un'iniziativa reale di opposizione sociale di massa al governo e al padronato. Nessuna iniziativa nazionale di mobilitazione. Nessuna piattaforma rivendicativa generale e indipendente. Nessun programma di lotta contro la crisi.

La conseguenza è duplice. Il governo regge, assieme alle politiche d'austerità, nonostante la sua estrema debolezza. Mentre una drammatica crisi sociale senza risposta a sinistra, apre spazi più ampi per operazioni reazionarie. La tenuta complessiva del movimento populista a 5 Stelle attorno a un programma di Repubblica plebiscitaria senza partiti e sindacati, è un termometro della crisi congiunta della crisi della borghesia e del movimento operaio. Il movimento del 9 Dicembre ( cosiddetto dei Forconi) è stato altrettanto indicativo: un settore della piccola borghesia, impoverito dalla crisi, è stato mobilitato da organizzazioni reazionarie, autonomistico indipendentistiche ( Ferro) o fascistoidi ( Calvani), e ha aggregato attorno a sé settori popolari di disoccupati e studenti. Mentre i fascisti hanno trovato in quella dinamica un bacino di massa per il proprio inserimento. L'approfondirsi congiunto della crisi sociale e della crisi politico istituzionale, dentro un fossato profondo tra politica dominante e senso comune, allargherà ulteriormente la base materiale di un “sovversivismo reazionario”.


LA NOSTRA PROPOSTA DI MASSA

L'alternativa di prospettiva è sempre più chiara: o il movimento operaio costruisce la propria soluzione alla crisi della Seconda Repubblica, sull'unico terreno possibile, anticapitalistico e di classe; o la crisi sociale e politica allargherà il varco di una soluzione reazionaria contro il movimento operaio.

In questo quadro generale, il terzo Congresso nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) pone pubblicamente al movimento operaio e a tutte le sinistre politiche sindacali di movimento un'esigenza centrale: quella di una svolta unitaria e radicale dell'opposizione sociale su tre assi complementari e intrecciati:

1) La piena rottura col padronato, il suo governo, i suoi partiti e le forze populiste reazionarie: per un fronte unico di lotta del movimento operaio in contrapposizione a Renzi, Grillo, Berlusconi

2) L'unificazione delle lotte di resistenza sociale attorno a una piattaforma di vertenza generale, definita da un'assemblea nazionale di delegati eletti, che ponga le rivendicazioni fondamentali della classe operaia al centro dello scontro . Con una svolta parallela delle forme di lotta e di azione ( occupazione delle aziende che licenziano e loro coordinamento, cassa nazionale di resistenza, sciopero generale prolungato). A livelli diversi, l'esperienza di lotta dei tranvieri di Genova e dei lavoratori della logistica, rappresentano un riferimento esemplare delle potenzialità di svolta dell'azione di classe.

3) Un programma generale contro la crisi di carattere apertamente anticapitalista ( abolizione del debito pubblico verso le banche e loro nazionalizzazione senza indennizzo, esproprio dei grandi gruppi capitalistici sotto controllo operaio, ripartizione del lavoro, grande piano di nuovo lavoro in opere sociali, a partire da risanamento ambientale e socializzazione dell'economia domestica, finanziato dalla tassazione progressiva di grandi redditi e patrimoni).

Solo una mobilitazione generale e radicale della classe operaia può unificare attorno a sé l'insieme del lavoro dipendente, i precari, i disoccupati, le masse femminili sfruttate, e i settori impoveriti della piccola borghesia, disgregando il blocco sociale reazionario e prosciugando il bacino della demagogia populista. Solo questa mobilitazione radicale, oltretutto, può strappare in tempi di crisi risultati concreti e parziali sullo stesso terreno rivendicativo.

La lotta per un governo dei lavoratori e delle lavoratrici è il corollario naturale di questa proposta generale. Solo un governo dei lavoratori può realizzare quelle misure di svolta e indicare una soluzione progressiva della crisi politica. Solo una Repubblica dei lavoratori, basata sulla loro organizzazione e la loro forza, può rappresentare un'alternativa reale alla seconda Repubblica in decomposizione.

Costruire in ogni lotta di opposizione il ponte tra le rivendicazioni immediate e questa prospettiva rivoluzionaria, è l'asse dell'intervento di massa del PCL e della sua costruzione indipendente.


INDICAZIONI E IMPEGNI DI LAVORO DEL PCL

In questo quadro, in base agli orientamenti approvati, il terzo Congresso del Partito Comunista dei lavoratori, impegna le strutture e i militanti del partito allo sviluppo della propria azione e costruzione a partire dai terreni seguenti:

-Un lavoro metodico di intervento sui luoghi di lavoro mirato al radicamento sociale del partito , a partire dalla classe operaia. Con la definizione di progetti razionalizzati di lavoro in questa direzione da parte delle nostre sezioni e strutture.

-La battaglia per la propria proposta di massa e la sua articolazione in ogni luogo di lavoro e di studio, con la valorizzazione politica complessiva del nostro programma, in funzione della conquista di un ruolo riconoscibile nelle lotte e nella loro direzione.

-L'inserimento di ogni nostro militante lavoratore, precario, pensionato all'interno dei sindacati secondo le indicazioni stabilite: in questo ambito sostenendo, in vista del prossimo congresso della CGIL , la battaglia dell'opposizione interna classista contro la burocrazia sindacale , e lavorando al tempo stesso alla sua qualificazione anticapitalista e rivoluzionaria .

-L'inserimento di ogni nostro militante sul fronte del lavoro di massa e di movimento ( non solo direttamente classista) con un metodo di raggruppamento d'avanguardia attorno al nostro programma di settore e impostazione d'intervento.

-L'avvio del percorso generale di formazione politica e teorica marxista dei nostri militanti secondo le indicazioni definite, quale momento decisivo di costruzione del partito e della sua battaglia politica e programmatica.

In questo quadro, va verificata la praticabilità di campagne nazionali tematiche, sia di carattere sociale, sia di carattere politico, che possano contribuire alla polarizzazione attorno al PCL di una più estesa area simpatizzante.



Un terreno particolare di battaglia di massa e costruzione del partito sarà rappresentato dalle scadenze elettorali.
Possibili elezioni politiche anticipate devono rappresentare un terreno di impegno del partito.
In occasione delle elezioni europee di Maggio, nell'impossibilità di una nostra partecipazione a causa di una legge elettorale reazionaria, il partito si impegna ad un'azione di intervento ampio di massa, sui luoghi di lavoro, nelle scuole e università , sul territorio, con materiali di propaganda del nostro programma contro l'Unione Europea e contro i populismi reazionari, per gli Stati Uniti Socialisti d'Europa quale unica alternativa reale: secondo l'indirizzo assunto dalla riunione di Atene del CRQI, e congiuntamente all'intervento analogo delle altre sezioni del CRQI.

In occasione del viaggio politico in Italia nel mese di Febbraio/Marzo del compagno Nestor Petrola, dirigente del PO e del movimento piquetero, ed oggi deputato nazionale argentino, il Congresso impegna il partito a organizzare un'iniziativa che dia la massima valorizzazione politica allo straordinario successo del FIT e al suo programma, dentro il rilancio dell'azione del CRQI e nella prospettiva della rifondazione della Quarta Internazionale.

In questo quadro, il PCL parteciperà pienamente alla riunione europea dei giovani del CRQI che si terrà il 18/1/2014, e successivamente alla Conferenza internazionale rivoluzionaria europea che si terrà sempre ad Atene nell'Aprile 2014.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI


lunedì 6 gennaio 2014

LA POLIZIA SPARA E UCCIDE 5 OPERAI IN CAMBOGIA

Sono 5 i morti ammazzati dalla polizia durante gli scioperi degli operai tessili in Cambogia.
A due settimane dall'inizio dello sciopero lo scontro tra masse e stato si fa duro.
Gli operai sono in sciopero per rivendicare il raddoppio del salario minimo, dagli attuali 80 dollari a 160.
Le forze dell'ordine arrestano penetrando nelle fabbriche e si abbandonano a violenze gratuite, comandate dallo Special Command Unit 911, un reparto speciale dell'esercito.
Il 3 Gennaio la repressione ha mostrato il suo volto assassino. La polizia armata di ak 47 ha fatto fuoco contro gli scioperanti, lasciando a terra tre morti e ferendo decine di persone dopo che gli operai avevano bloccato una strada a circa 20 km a sud della capitale.
Le rivendicazioni degli operai, nel contesto cambogiano mettono a repentaglio il fragile equilibrio economico della nazione e ricordano a noi la grande forza delle mobilitazione proletarie, smentendo chi, facendo il gioco del padrone ha annunciato la fine della classe operaia.
CON GLI OPERAI CAMBOGIANI, CONTRO IL CAPITALISMO!
SOLO LA RIVOLUZIONE CAMBIA LE COSE!
                                                                                                         PCL Frosinone.

giovedì 2 gennaio 2014

AGGRESSIONE FASCISTA A TERAMO.

Anche a capodanno aggrediscono. Intorno alle 4:30 della mattina, un gruppo di fascisti ha tentato di aggredire dei compagni. Hanno trovato pane per i loro denti.
I due schieramenti si sono fronteggiati con tanto di mazze e bottiglie nella zona di piazza Dante, in via Milli.
Come sempre, durante la rissa, è arrivata la polizia e per dar prova di essere "super partes"( conosciamo bene il loro esser super partes) ha fermato un compagno e un fascista.
La procura, nonostante il giorno festivo, ha confermato l'arresto di Matteo militante di Azione Antifascista Teramo.
Esprimiamo la massima solidarietà al compagno arrestato, e rivendichiamo l'autodifesa proletaria per contrastare le bande fasciste, scagnozzi della borghesia e servi del capitale.
L'ANTIFASCISMO NON E' REATO.
MATTEO LIBERO!
                                                                                             PCL FROSINONE.