mercoledì 26 febbraio 2014

E' davvero scomparsa la classe operaia?




Una breve riflessione sulla centralità del proletariato al giorno d'oggi.


Da qualche tempo a questa parte una certa sinistra, legata alla disobbedienza teorizzata da A. Negri e al pensiero post operaista in generale vorrebbe far credere che la classe operaia si sia estinta, proiettandoci in nuova epoca, dove al posto delle merci si producono per lo più simboli, segni e "affetti". L'epoca del biocapitalismo cognitario. E' davvero così? Il "lavoratore immateriale" ha sostituito il lavoratore classico a cui siamo abituati? Sono morte le classi e con esse la lotta di classe? La risposta a questi quesiti è un secco no.
L'analisi marxista della società smentisce in pieno queste farneticazioni, seppur dotte sempre tali rimangono.


Capitalismo e classe operaia : un binomio inscindibile.

La nascita della classe operaia è strettamente legata alla nascita e allo sviluppo del sistema capitalistico.
Con la nascita di esso una grande massa di uomini, rimasti senza proprietà sono diventati operai salariati dal capitale. Nella prima fase dello sviluppo capitalistico si hanno due condizioni necessarie : l'accumulazione di capitale per mettere in piedi le imprese capitalistiche e la necessità di disporre di sufficiente manodopera per garantire la produzione.
Agli inizi del ventesimo secolo i grandi monopoli cominciano a controllare larga parte dell'economia nazionale dei vari paesi : inizia l'epoca dell'imperialismo.
Successivamente, i monopoli si svilupparono sempre più, controllando i vari settori economici a livello internazionale, anzi mondiale.
Nel modo di produzione capitalistico, lavoro salariato e capitale rappresentano il centro da cui tutto è deducibile. Ogni antagonismo sociale nasce dalla contraddizione tra il carattere sociale della produzione e quello privato dell'appropriazione. Tra proletariato e borghesia.
La contraddizione tra capitale e lavoro mai come oggi ha così tanto senso : mettendo a confronto il rapporto tra proprietà e forza-lavoro di oggi con le passate fasi capitalistiche ci si accorge che, a livello mondiale, il numero di chi dirige la produzione è estremamente diminuito.
Le circa mille imprese transnazionali più grandi controllano, direttamente o indirettamente il lavoro di più di un miliardo di persone.
Ma è lo stesso concetto di classe che risulta incompreso ai teorici della moltitudine, esse non sono una sovrastruttura politica, ma materializzano la divisione sociale del lavoro e i rapporti di proprietà all'interno di un sistema di produzione dominante.
Mai come oggi la produzione ha raggiunto così alti livelli di socializzazione. La proprietà dei mezzi di produzione è il più grande ostacolo al progresso umano.
 Il proletariato non è scomparso e non  può scomparire, perchè figlio del sistema capitalistico, e unico antagonista del sistema stesso. I germi che lo porteranno alla morte.
Se la storia è storia della lotta tra le classi, l'ultima lotta è quella del proletariato.


Il proletariato oggi.

             Agricoltura     Industria     Servizi ( PERCENTUALE)
1950           67                15             18
1970 56                19                      25
1980 53                20                      27
1990 49                20                      31
2000 46                20                      34
2006 38.7             21.3                   40
Fonte : ILO, relazioni sulle tendenze occupazionali globali.

Chi afferma che la classe operaia si è estinta lo fa anche sulla base di dati statistici. Le statistiche riguardanti i settori di occupazione ( un esempio è quella che viene qui mostrata) mostrano chiaramente che il settore terziario ha superato il primario e il secondario. Tuttavia ci sono delle discrepanze.
La classe operaia mondiale è notevolmente aumentata. Nel 1955 c'erano 100 milioni di operai nel mondo. Oggi ce ne sono all'incirca 200 milioni. Il doppio. Dislocati non più nel solo primo mondo, ma su scala planetaria. Mai come oggi il mondo è cosi "operaizzato".
Ma allora perchè nei paesi più ricchi  il numero degli occupati nell'industria scende (di poco) e sale quello dei servizi? 
Da una parte abbiamo le ristrutturazioni, la "tecnologizzazione" della produzione venuta col superamento del sistema fordista, dall'altra le delocalizzazioni funzionali al capitalismo per risparmiare notevolmente sulla forza-lavoro. Ma sale il livello di proletarizzazione del lavoro. I lavoratori dei servizi non sono imprenditori di se stessi, nè tecnici altamente qualificati. Sono a maggioranza giovani precari ( centralinisti, facchini, addetti alla pulizia) che vendono comunque la propria forza lavoro, anche se non contribuiscono direttamente ad accrescere il capitale. Vengono inseriti arbitrariamente in tali statistiche nel settore terziario, anche se con esso hanno  poco a che vedere. 
Le loro condizioni non hanno niente a che fare con quelle dei tecnici altamente specializzati, ma sono totalmente assimilabili a quelle della  classe operaia produttrice di plusvalore. 
Anche se soggetti assimilabili, per chiarezza, è giusto distinguere tra lavoro produttivo e improduttivo.
Il lavoro produttivo è quel lavoro che scambiandosi direttamente con il denaro in quanto capitale, riproduce il valore della forza-lavoro per l'operaio e il plusvalore per il capitalista.
Il lavoro improduttivo sono quelle mansioni che si scambiano con il reddito e che sono consumo di esso.
Le mansioni di codesti lavoratori appaiono come merce, ma per il compratore sono valore d'uso che egli scambia con il reddito. Come abbiamo già detto non  producendo merci non aumentano direttamente il capitale, ma il loro lavoro è funzionale alla struttura capitalistica, quindi parliamo di oppressione economica. Questa è la maggior parte dei lavoratori del cosiddetto settore dei servizi.
Si voglia o no rappresentano una parte, consistente e in crescita, del proletariato.

Il tramonto del Fordismo : il sistema Toyota.
La crisi di ciclo che ha scosso il capitale negli anni settanta ha portato il capitalismo a cambiare il proprio schema organizzativo della produzione. Già dagli anni 50 si fa strada il sistema Toyota.
Questa nuova diavoleria ha peggiorato in maniera indiscutibile non solo le  condizioni di vita e di lavoro dei proletari, ma ha anche indebolito la loro capacità di organizzazione.
Attraverso l'introduzione di sofisticate tecnologie, il capitale è riuscito a superare la rigidità produttiva tipica della catena di montaggio. Risponde in tempo reale alle richieste del mercato, elimina le scorte ferme in magazzino, riducendo i costi e modificando il prodotto in funzione della richiesta del mercato di riferimento. Con l'introduzione dell'informatica il capitalismo ha la possibilità di spostare interi spezzoni di produzione da una parte all'altra del pianeta, provocando nella sfera sociale l'espulsione di molti lavoratori dalle sfere produttive, il che vuol dire disoccupazione. E' capace di abbassare notevolmente il prezzo della forza-lavoro attraverso il ricatto della delocalizzazione e sempre attraverso di esso aumenta lo sfruttamento prolungando, in molte circostanze, l'orario di lavoro ( "straordinari necessari per non chiudere").
Nello stesso tempo è capace anche di ridurre le masse a lavoro nelle fabbriche, in nome di ristrutturazioni sempre più tecnologiche.
Nonostante ciò è impossibile eliminare l'apporto umano dalla produzione, semplicemente perchè l'automazione è un'utopia. Le sperimentazioni per eliminare, addirittura del tutto il lavoro vivo si sono dimostrate fallaci. La scarsa qualità del prodotto e le fermate causate da inconvenienti non prevedibili a priori
sono controproducenti per il capitale, il quale tra l'altro ha sempre bisogno di nutrirsi di lavoro non retribuito per valorizzarsi.
Al centro della produzione odierna c'è ancora il proletariato. La teoria del valore non è superata affatto, basterebbe soltanto vedere come il capitalismo si ingegna per rendere inoffensivo il proletariato. Attaccando in primo luogo le sue organizzazioni di lotta.
I soli che possono distruggere il capitalismo sono i proletari, non i fantomatici lavoratori immateriali, categoria priva di senso e razionalità, esistente soltanto nella mente di qualche "professore".
                                                                                     
                                                                                L.T.- PCL Frosinone








giovedì 20 febbraio 2014

La battaglia del PCL nel movimento NO MOUS




Il Partito Comunista dei Lavoratori presenta un ordine del giorno riguardante il movimento NoMuos al suo terzo congresso, svoltosi a Rimini dal 3 al 6 Gennaio 2014. Ordine del giorno approvato all’unanimità dall’assemblea congressuale e controfirmato dal compagno delegato Peter Johnson della tendenza Rifondazione e Rivoluzione degli USA. I compagni statunitensi si impegneranno a diffondere il testo approvato in tutti i comitati NOWAR degli Usa.
Qui di seguito l’ordine del giorno presentato:
“LA BATTAGLIA DEL PCL ALL’INTERNO DEL MOVIMENTO NO MUOS
Il Pcl si schiera fermamente a fianco del movimento NoMuos e rivendica la propria solidarietà attiva tramite l’impegno dei suoi militanti presso il presidio popolare di contrada Ulmo.
Il Pcl giudica gravissimo che il Muos, struttura imperialista a guardia del capitalismo arma di distruzione e di guerra del XXI secolo, trasformi la Sicilia in una vera e propria base per l’egemonia militare mondiale del blocco USA.
Il nostro partito, presente fin da subito in questa lotta con posizioni antimperialiste e anticapitaliste sostiene la necessità che il movimento NoMuos possa, attraverso saldature organizzative con tutti gli altri movimenti di lotta a carattere locale, generalizzarsi per condurre ad una lotta di ampio respiro dal profilo chiaramente anticapitalista. Il Pcl ha lavorato, lavora e lavorerà per far si che il movimento NoMuos possa esprimere tutto il proprio potenziale liberandosi da quelle zavorre e quelle catene che lo tengono imprigionato da quelle componenti che vorrebbero un movimento di opinione e non di lotta, che hanno interessi che Niscemi non diventi un problema politico o di ordine pubblico per preservare il profilo filo-istituzionale e la natura riformista del movimento stesso.
I compagni del Pcl aderiranno per questo nei comitati locali NoMuos contribuendo ad essi apportandovi l’idea che solo una chiara prospettiva di una società socialista possa eliminare il problema e con lo scopo non solo di smantellare le base Us Navy di contrada Ulmo ma di avallare le tendenze sinceramente rivoluzionarie esistenti nel movimento.”
Il documento è chiaro. Il PCL è schierato con i suoi militanti fin da subito nella lotta contro il Muos.
Siamo stati i primi e gli unici a criticare l’iniziale movimentismo trasversale dei comitati NoMuos, dove al proprio interno si trovava veramente di tutto, dagli anarchici della F.A.S, ai riformisti del PRC, agli indipendentisti filo Lombardiani, all’Udc (oggi dichiaratamente si Muos), al Pd artefice consapevole dell’istallazione del Muos a Niscemi, ai sostenitori del sicilianissimo La Russa.
Quando a Piazza Armerina il Movimento NoMuos redige la carta d’intenti dotandosi di valori universali primo fa tutti l’antifascismo, noi del PCL, ove possibile, entrammo a far parte dei comitati NoMuos ed a partecipare attivamente all’assemblee di coordinamento dei comitati, cercando di generalizzare la lotta in modo da cementificarla alle altre micro e macro vertenze.
Da quando nel novembre del 2013 nasce il presidio popolare di contrada Ulmo la lotta NoMuos fa un salto di qualità, all’interno del presidio si vedono germogliare tendenze rivoluzionarie che con la loro quotidiana presenza alzano il livello di lotta del movimento. Anche se queste tendenze sono primitivistiche si respira un aria di ribellione e di rivoluzione individuale dei soggetti coinvolti.
Il movimento entra in una fase dove le forze riformiste e centriste, che prima della nascita del presidio popolare gestivano il movimento a suo uso e consumo, fanno fatica a controllare queste spinte di grezzo riottismo. Ergo si affidano, per mantenere la pace sociale della tranquilla Niscemi, parallelamente al M5S e al movimento megafano di Crocetta, che sotto elezioni regionali promettono fittizie “rivoluzioni” in ambito regionale e nel sud oriente siculo spingono sull’ impegno di revocare le autorizzazioni per l’istallazione del Muos. Dopo le elezioni che hanno visto Crocetta innalzarsi come governatore siciliano e il M5s essere il partito più votato in Sicilia, a Niscemi, in contrada Ulmo non cambia niente. Noi attivisti e le mamme NoMuos siamo da soli a fare blocchi, contro di noi la polizia è sempre più violenta. Il M5S si vede a Niscemi solo quando ci sono le telecamere dei media locali e nazionali, e Crocetta diventa sempre più arrogante con chi gli ricorda di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale!
Alla vigilia della manifestazione nazionale NoMuos del 30 marzo del 2013, il governatore Crocetta revoca le autorizzazioni per l’istallazione del Muos, invitando i siciliani a non andare a manifestare a Niscemi perché non c’era più motivo, aveva pensato a tutto lui, il rivoluzionario con il megafono. Un giorno prima di una manifestazione che prometteva grande partecipazione dei Siciliani e non solo, il governatore cerca di svuotare la piazza o di calmarla con una revoca che durerà pochi mesi.
Infatti il governatore poco dopo revoca la sua revoca, tradendo definitivamente tutti quelli che l’avevano votato compreso quei soggetti del movimento che prima di quel momento credevano in lui come salvatore della patria, come l’uomo che osò sfidare gli americani.
Il M5S pur avendo un grande peso politico dentro l’Ars, diventa invisibile nella lotta NoMuos.
Arriviamo al 9 agosto, il movimento entra nella base UsNavy di contrada Ulmo, dove si riesce a creare un grande teatrino mediatico, i soliti noti complottano con i servi del potere, contrattando l’entrata in base con la promessa di un maggiore controllo da parte loro, sul movimento NoMuos, che stava diventando troppo conflittuale. I Media borghesi, come era scontato non parlano di movimento NoMuos, ma di centri sociali che si scontrano con le FDO, con la ciliegina sulla torta del Presidente Crocetta che denuncia che tra i NoMuos ci sono infiltrazioni mafiose.
Infatti da dopo Agosto il movimento registra un abbassamento di presenza e di toni, arrivando addirittura allo sciopero della lotta del comitato NoMuos di Niscemi, mai visto nella storia dei movimenti!
I sinceri NoMuos, si allontano dalla lotta, si allontano dalla partecipazione delle assemblee di movimento, martoriate da una lotta tra aree piccolo-borghesi per il comando del movimento.

Per una trasparente orizzontalità dei movimenti, sostengono gli intransigenti movimentisti, è necessario essere apartitici. Lo sostengono proprio oggi che non esiste un PCI, protagonista nel bene e nel male nel movimento di Comiso contro i missili cruise; lo sostengono oggi che è quasi scomparso il contenitore politico PRC, rimasto un piccolo partito riformista. Eppure il movimento NoMuos in assenza di un partito comunista, e aggiungiamo noi, un partito comunista rivoluzionario, è minato al proprio interno da questi gruppuscoli centristi, piccoli-borghesi, che sostengono questo. Gruppuscoli senza una prospettiva a medio-lungo periodo per una lotta anticapitalista, imprimendo al movimento una cultura della non organizzazione e della non democraticità, anche se si sostiene che nelle assemblee di movimento prevale la “democrazia”, dove si usa non votare per arrivare a decisione già prese a tavolino dai soliti noti.
Lo scopo del movimento, oggi, non dovrebbe essere quello di promettere l’ennesima entrata in base per poi uscire senza “distruggerla”, con l’unico risultato di ricevere altri atti repressivi, o peggio di ritornare a manifestazioni che anche se partecipate non scuotano lo status quo, ma quello di dire chiaramente che l’unico modo per eliminare il Muos, le basi militari tutte, il potere antidemocratico che ci reprime, è quello di contribuire alla costruzione di un partito autenticamente rivoluzionario, con un centralismo democratico forte, dove tutti saremmo protagonisti del cambiamento, dove i rivoluzionari, donne e uomini, lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti, precari, disoccupati e migranti, prendendo il potere, cambieranno questa società malata con una società migliore, equa, sana. Una società anticapitalista!
“II proletariato non ha altra arme nella lotta per il potere che l'organizzazione. La forma suprema dell'organizzazione di classe è il partito.
Lenin”

Tutti i sinceri No Muos devono guardarsi intorno e incominciare a ragionare e a capire chi sono i nemici e chi gli alleati, chi all’interno del movimento No Muos vuole frenare la lotta riportando il movimento ad uno sterile movimento d’opinione.
La lotta nomuos è una lotta antimperialista, anticapitalista e non puo’ essere giocata solo a livello locale o nazionale, questa è una lotta internazionale. Noi del PCL sezione italiana del CRQI, proveremo, insieme ai compagni statunitensi ad aprire una vertenza nel cuore dell’imperialismo.
Solo la rivoluzione cambia e cose!
                                                                                                               PCL Sicilia

mercoledì 19 febbraio 2014

Vladimir Ilic Lenin


di V. Majakovskij


Inferociva la reazione e gli intellettuali

da tutto si distaccarono e insudiciarono tutto.

Comprarono candele, si rinchiusero in casa

e incensarono i cercatori di Dio.

Persino il compagno Plechanov s’intimidi’:

"Colpa vostra, fratelli cari,

vi siete insabbiati! 
Avete versato laghi di sangue,

 ma non c’e’ niente da fare, e’ inutile impugnare le armi".

Ma Lenin levo’ la sua voce alta e ferma tra questo morboso lamento:

"No, impugnare le armi e’ necessario,

ma bisogna impugnarle

in maniera piu’ energica e decisa.

Io vedo un giorno di nuove rivolte,

vedo la classe operaia insorgere ancora.

Non difesa, ma attacco

dev’essere la parola delle masse.

Quest’anno caldo di sangue,

queste ferite nelle fila operaie,

saranno la nostra scuola

nel fragore e nella tempesta delle insurrezioni future" ...

... La terra e’ una montagna di ferrame

e di poveri cenci umani. Solo,

in mezzo alla comune follia,

insorge Zimmerwald.

Di la’,

Lenin, con un pugno di compagni,

si levo’ sopra il mondo

ed espresse le idee piu’ chiare di un incendio.

Piu’ forte del tuonare dei cannoni fu la sua voce.

Da una parte gli scoppi, gli schianti,

il balenar delle spade mulinate sopra i cavalli,

dall’altra, contro spade e cannoni,

calvo, con gli zigomi acuti sotto la pelle,

un uomo solo:

"Soldati!

Col tradimento, facendo mercato della nostra carne,

i borghesi ci mandano alla guerra

contro i turchi, a Verdun e sulla Dvina.

Basta! Trasformiamo la guerra dei popoli

in guerra civile. Basta

coi massacri, la morte e le ferite!

I popoli non hanno colpa.

Contro la borghesia di tutti i paesi

leviamo la bandiera della rivoluzione" ...

... E guardando di laggiu’ queste giornate,

vedrai dapprima la testa di Lenin:

Il suo pensiero apre una strada di luce dall’era degli schiavi ai secoli della Comune.

Passeranno gli anni dei nostri tormenti

e ancora all’estate della Comune,

scalderemo la nostra vita

e la felicita’, con dolcezza di frutti giganti,

maturera’ sui fiori dell’ottobre.

E chi leggera’ le parole di Lenin,

sfogliando le carte gialle dei decreti,

sentira’ il sangue battere alle tempie

e salire le lacrime dal cuore ...

... Riunendo in un’asta

l’immane selva delle ciminiere,

i milioni di braccia,

la Piazza rossa si solleva in alto

con la rossa bandiera,

con un balzo che scuote tutto il cielo.

E da questa bandiera,

da ogni sua piega,

ecco, di nuovo vivo, Lenin ci chiama:

"Proletari, serrate le file

per l’ultimo scontro.

E voi, schiavi, rialzate le schiene e i ginocchi.

Armata proletaria, sorgi e avanza!

Allegra e veloce, viva la nostra rivoluzione!"

Tra tutte le guerre

che hanno devastato il corso della storia,

questa e’ l’unica grande giusta guerra.

lunedì 17 febbraio 2014

Un piccolo contributo alla questione studentesca e alla formazione dei Collettivi Studenteschi Rivoluzionari nelle scuole.

LOTTA DI CLASSE E QUESTIONE STUDENTESCA.

Natura della scuola nella società borghese.                          

L’impegno teorico nei confronti della questione studentesca non è sottovalutabile e per noi marxisti-rivoluzionari si tratta di inserire le lotte studentesche all’interno della  più ampia lotta anticapitalista. Naturalmente prima di avanzare proposte è necessario capire che cos’è la scuola all’interno della società in cui viviamo e analizzare il processo materialistico che ha dato vita alla scuola moderna. Prima della nascita del capitalismo la comunità oltre ad essere comunità di allevamento dei figli e di sostentamento,era anche comunità di produzione, e perciò la partecipazione dei produttori al lavoro avveniva completamente nel proprio ambito. I processi produttivi erano relativamente semplici e i giovani impegnavano poco tempo per acquisire la preparazione necessaria per partecipare all’azione produttiva. I membri dell’aristocrazia feudale invece,che non prendevano parte alla produzione, si dedicavano alle dottrine di carattere militare e politico al fine di acquisire capacità dialettiche per governare. La cultura dominante era quella del clero, che legittimava il potere delle classi dominanti e inculcava nelle classi subalterne la rassegnazione nei confronti della loro situazione sociale promettendo  una vita migliore nell’aldilà. La linea di demarcazione tra chi usufruiva dell’istruzione e chi no era la stessa che delineava chi governava e chi produceva per i dominanti.     Con l’affermarsi della borghesia, viene meno la caratterizzazione feudale della società e nasce un tipo di istruzione “generalizzato” conseguenza diretta della generalizzazione dei rapporti di produzione borghesi. Tuttavia la tendenza alla generalizzazione dei rapporti di produzione capitalistici non vuol dire livellamento sociale del sistema d’istruzione, bensì nuove discriminazione dovute essenzialmente alla detenzione dei mezzi di produzione. Verso la fine dell’ottocento nascono le industrie scientifiche: chimiche ed elettriche.  La conoscenza tecnica è diventata sempre più fondamentale per la borghesia, infatti sviluppando la tecnica nella produzione, la stessa necessita di una classe operaia preparata in maniera sufficiente per prender parte alla produzione. Questo non significa elevare l’intero proletariato riguardo la conoscenza della tecnica bensì una parte di esso(una minoranza), che all’interno della produzione assume un ruolo intermedio tra la forza-lavoro e la dirigenza borghese sempre più distaccata dalla produzione diretta. Col rendersi più complessa la divisione tecnica e sociale del lavoro,il capitalismo moderno a partire dagli anni 60 articola in maniera corrispondente anche il luogo di preparazione dei lavoratori, così accanto ai licei nascono le scuole professionali, per la formazione di lavoratori intermedi. La cultura che passa attraverso le aule scolastiche naturalmente è quella della classe dominante, che persegue il suo indottrinamento a livello ideologico e comportamentale, anche se con metodi meno duri che in passato. Quindi alla luce dello sviluppo del sistema scolastico che si è avuto con le varie evoluzioni del sistema capitalistico, possiamo definire la scuola come uno strumento proprio della borghesia, il cui compito è essenzialmente formare la classe operaia al fine di adoperarla nella produzione, e allo stesso tempo istruire la stessa borghesia al fine di preservare al meglio le sue capacità dirigenziali e di comando sulla produzione.

Rapporti tra scuola e capitalismo.        

Abbiamo visto come la scuola sia nata con l’affermarsi del sitema capitalistico,ora vedremo quali sono i suoi rapporti con la sua struttura economica.La riproduzione del modo di produzione capitalistico si basa sulla riproduzione del prodotto materiale, il quale combina tra loro vari agenti e mezzi di produzione. Gli agenti di produzione (il capitalista stesso e il lavoratore salariato) una volta entrati nel processo produttivo, partecipano ad essa e alla ripartizione del prodotto, che si da in forma di salario e in plusvalore,ottenendo così gli strumenti per ricostituire la loro capacità lavorativa e rinnovare i loro rapporti reciproci con i mezzi di produzione. La riproduzione delle categorie di agenti è parte della riproduzione delle condizioni sociali della riproduzione di tipo materiale, condizioni economiche, ideologiche e politiche. Il processo combinato della riproduzione materiale e della riproduzione delle condizioni sociali danno vita alla riproduzione in toto della struttura capitalistica. Le condizioni sociali della riproduzione del prodotto materiale, si presentano con una certa autonomia nelle forme istituzionali. La scuola è una di queste in quanto strumento di trasmissione dell’ideologia dominante, ma altri esempi possono essere la magistratura, la polizia, la burocrazia statale in quanto strumenti di coercizione e repressione in mano alla borghesia. Naturalmente in questi luoghi, non abbiamo una produzione di tipo materiale, di plusprodotto, quindi non possiamo definire lavoro produttivo la molteplicità di compiti che si svolgono in questa particolare sfera, in quanto scientificamente è lavoro produttivo cio che produce plusprodotto, plusvalore nell’ambito produttivo capitalistico. Parliamo quindi di lavoro improduttivo. Questa categoria di lavoro serve a evidenziare la differenza tra sfruttamento (sfera del lavoro produttivo) e oppressione economica (sfera del lavoro improduttivo), in quanto i lavoratori improduttivi svolgono un lavoro necessario nella società borghese. Questa oppressione è conseguenza diretta del dominio capitalistico sulla società, quindi il capitale sociale per massimizzare le quote di plusvalore va a colpire il lavoro improduttivo; ciò significa che spreme il massimo pluslavoro da codesti lavoratori. Ecco spiegato il guadagno di un capitalista proprietario di una scuola: il suo plusvalore è parte del capitale sociale impiegato, socialmente necessario. Se poi è lo Stato a gestire le varie istituzioni, il pluslavoro va a vantaggio dell’intera classe capitalistica. Concludendo, anche se nella scuola non si produce materialmente, si prende comunque parte alla spartizione del plusvalore, in quanto attività necessaria all’interno della società , creando  pluslavoro al di fuori della produzione di merce, ma producendolo a scopo sociale.

Natura sociale dello studente.                                                        

La figura sociale dello studente è al giorno d’oggi un qualcosa di inesplorato in termini marxisti e di classe, in quanto si tendono a rappresentare gli studenti in termini essenzialmente borghesi, anche per quanto riguarda le formazioni sedicenti comuniste che operano in ambito scolastico. Quando parliamo di studenti, è opportuno respingere ogni insinuazione riguardo la loro natura di classe, e in special modo respingere le vulgate dello “studentismo” che addirittura ne fanno una classe rivoluzionaria, in barba all’analisi marxista della società. A questo punto è opportuno analizzare la figura sociale dello studente. Come ampiamente dimostrato dai classici del marxismo, le classi sociali sono gli effetti della sfera economica, politica e ideologica sugli agenti della riproduzione sociale. La borghesia, il proletariato e la piccola borghesia nascono da questo mix di economia, politica e ideologia che entrano in contatto diretto con chi partecipa alla produzione, sia in modo diretto che indiretto. Affermare che le classi sociali si siano costituite solo a livello economico, riconoscendo  soltanto la struttura e non le sovrastrutture ad essa collegate, significa appiattirsi sulle posizioni economiciste che Lenin combattè teoricamente lungo il suo percorso di rivoluzionario e teoreta. Fatta questa precisazione, possiamo affermare con certezza che gli studenti NON SONO una classe sociale, in quanto non prendono parte alla produzione, stanno al di fuori dei rapporti economici e la loro natura è soltanto di tipo ideologico, in quanto futuri lavoratori o borghesi nei posti di comando. La loro natura non identificabile in termini di classe non significa per lo studente una rinuncia all’attività di rivoluzionamento della società, su questo punto torneremo in seguito analizzando le modalità delle lotte studentesche.

Il sistema scolastico ai tempi del capitalismo in crisi.                                                                                                            
La riforma del sistema scolastico italiano ha origine nel 1996 con la riforma Berlinguer, tuttavia la vera riforma scolastica è stata quella del ministro Gelmini, che ha adeguato tale riforma alle necessità sempre più pressanti del capitalismo in crisi. Tale riforma prevedeva essenzialmente dei tagli ai fondi scolastici per dirottarli verso le aziende in crisi, essenzialmente dal pubblico verso il privato ovvero la classe dei capitalisti. Continuava abbassando il costo della formazione della forza-lavoro e di conseguenza svalutandone il proprio valore, e cercando nuovi mercati entro i quali far sollazzare la classe dei capitalisti. Siamo qui davanti ad una delle classiche manovre che il capitalismo opera durante le sue crisi : la riduzione del costo del lavoro, in questo caso sacrificando il funzionamento del sistema scolastico. Crisi del capitalismo equivale anche a crisi del sistema scolastico. Ma quali gli effetti di queste manovre sul mondo dell’istruzione? Tutto questo porta ad una caratterizzazione di classe della scuola, in quanto la maggior parte dei capitali vengono impiegati in poli ben definiti, ovvero quelli che servono alla borghesia per sfornare manager e persone altamente competenti per prendere in mano le redini del sistema, mentre il resto dell’istruzione si lascia abbandonato a se stesso, in quanto sfornerà forza lavoro a bassissimo prezzo e disoccupati in abbondanza. Chiunque abbia studiato in quelle specie di ghetto che sono gli istituti tecnici sa bene di cosa stiamo parlando. Inoltre l’investimento privato nelle scuole sta portando ad privatizzazione del sistema scolastico. I tagli al sistema che sono stati fatti negli ultimi anni hanno portato conseguenze drammatiche anche per chi lavorava nel mondo della scuola: soppressione di 150.000 posti di lavoro, accorpamento di molti istituti, innalzamento dell’ età pensionabile, dimezzamento dei fondi per la pulizia con conseguenze drammatiche per i lavoratori impiegate in queste attività. Morale della favola? Il capitalismo in crisi quando colpisce la scuola non colpisce solo gli studenti, ma anche gli addetti ai lavori. Per gli studenti significa studiare in posti fatiscenti, spesso non adeguati e quasi sicuramente non troveranno un lavoro; per i lavoratori significa paghe da fame o perdita del posto di lavoro. Partire direttamente dalla situazione scolastica per poi passare a quella della produzioni delle merci è l’unico modo per far acquisire allo studente gli elementi fondamentali per la critica del capitalismo. Quando si parla della crisi scolastica non è solo crisi della situazione studentesca, ma anche per gli addetti ai lavori: professori, segretari, bidelli, donne delle pulizie. Sicuramente questa osservazione è il primo passo per l’alleanza studenti-operai.

La costruzione Leninista: organizzazione e avanguardia.                                                                      

I Collettivi Studenteschi Rivoluzionari vanno a rappresentare all’interno del mondo studentesco la sua tendenza rivoluzionaria. Ora per fa sì che la sua azione abbia un significato di non poco conto, necessita di un’organizzazione all’altezza del compito. Organizzazione e centralizzazione, questi sono i binari su cui camminerà lo sviluppo dei C.S.R. , cadere nel movimentismo è molto facile senza delle giuste linee guida. Per definire meglio la natura deI C.S.R. diremo che sono la tendenza rivoluzionaria organizzata all’interno del movimento studentesco. Più si svilupperanno, più crescerà la necessità di organizzazione e di centralizzazione. La vita interna dei C.S.R. è gestita attraverso il centralismo democratico: massima libertà di discussione interna e massima compatezza e disciplina esterna. Il discorso organizzativo di Lenin non solo ci offre la possibilità di creare una organizzazione efficiente, ma offre degli spunti teorici preziosissimi riguardo la situazione studentesca entro la quale attivarsi. Spontaneismo e opportunismo, tali atteggiamenti primitivi sono ben lungi dall’essere scomparsi, anzi si ripresentano in tutta la loro inconcludenza. Lenin ai tempi della lotta allo spontaneismo mise in chiaro perfettamente la natura di tale concezione, in quanto lo spontaneismo oltre ad essere inconcludente politicamente, è anche un elemento di falsificazione della realtà. Affermare che le masse in lotta arriveranno da sole alla reale conquista di un potere politico equivale a dire una falsità che la stessa storia ha giudicato come tale. Per Lenin potere del proletariato voleva dire direzione politica del partito. Per i C.S.R. raggiungimento degli obiettivi di lotta vuol dire direzione degli studenti da parte di un organizzazione studentesca costruita secondo quel modello. Avanguardia studentesca per i C.S.R. ha lo stesso valore che per Lenin, ovvero organizzare politicamente la parte più avanzata degli studenti in lotta, conquistare la maggioranza del movimento e dirigere le lotte. Il gioco vale la candela. Sarà un percorso duro, non rettilineo. Niente è facile e il bolscevismo ci insegna proprio questo. Naturalmente senza la classe operaia, senza il collegamento costante con essa l’inconcludenza colpirà le masse studentesche. Le vuote declamazione del vecchio Movimento Studentesco della Statale ci hanno insegnato proprio questo: non c’è potere studentesco senza potere operaio. Per i C.S.R. il fine è quello dei Marxisti-rivoluzionari : il governo dei lavoratori.

Il metodo dei Rivoluzionari e il fronte unico.            

Le questioni di metodo quando si fa intervento politico sono molto essenziali, al fine di non perdersi in un bicchier d’acqua o rimanere isolati politicamente nel variegato mondo delle organizzazioni studentesche. Necessario è non perdere mai di vista la propria natura rivoluzionaria. La maggior parte delle organizzazioni studentesche esistenti, spesso si accodano a strutture politiche riformiste, sabotando la lotta che si sta intraprendendo. Il motivo di questo accodarsi è la vecchia, ma sempreverde pratica dell’opportunismo: per tali organizzazioni non è importante sviluppare le lotte, bensì rinnovare la propria sopravvivenza all’interno del movimento. Priorità di ognuno è salvaguardare il proprio orticello. Questo non deve accadere per i rivoluzionari, in quanto l’obbiettivo finale non è la propria sopravvivenza, ma la conquista della maggioranza degli studenti al fine di estendere le lotte e indirizzarle in maniera rivoluzionaria. L’intervento, la propaganda e l’agitazione sono elementi molto validi. I C.S.R. interverranno ovunque è possibile al fine di fare propaganda e convincere gli studenti delle corrette posizioni rivoluzionarie. La tattica del fronte unico riguardante l’azione, ha una valenza centrale per quanto riguarda i momenti di lotta. L’unità d’azione(con la maggior parte delle componenti studentesche) e la capacità di attirare a sé gli elementi più validi in lotta, unita allo smascheramento delle organizzazioni che si tirano indietro, una volta costituito il fronte sarà centrale nell’operato dei C.S.R. Le proposte transitorie saranno altresì centrali, in quanto partire dalla reale coscienza dei soggetti in lotta è elementare per un rivoluzionario, la lezioni di Trotsky su questo tema è ineccepibile. Ovviamente queste sono indicazioni generali, le quali verranno sviluppate correttamente nel corso della lotta.

Operai-Studenti: uniti si vince!

Abbiamo chiaramente spiegato che la natura dello studente non ha niente a che fare con i rapporti economici, quindi è esclusa la sua appartenenza ad una determinata classe sociale. Tuttavia le lotte studentesche potrebbero avere grande importanza se collegate con quelle operaie. L’alleanza operai-studenti è necessaria al fine di strappare risultati consistenti ed aprire un processo rivoluzionario. Già in passato si è avuta questa alleanza, bensi fu costruita su pressupposti sbagliati. C’è chi la fece in nome del rifiuto del lavoro, specie l’Autonomia Negriana, chi per affermare senza alcun significato il “Potere Studentesco”( M-L Statale) e chi come i moderni disobbedienti per vocazione opportunista. L’alleanza tra operai e studenti va fatta per arrivare alla dittatura del proletariato in maniera rivoluzionaria. Va fatta sull’anticapitalismo marxista, su un progetto di sollevazione di massa e non per opportunismo o vaneggiamenti teorici idealistici. Per gli studenti marciare a fianco degli operai è l’unico modo per realizzare le loro proposte. Intervento politico davanti le fabbriche, costruzioni di incontri comuni, dibattiti, manifestazioni comuni. Queste sono le azioni di cui si sente la necessità. L’unico modo per aprire una stagione di lotta come quelle passate sta in questa alleanza. La Pantera fallì miseramente perché non cercò un interlocutore nella classe operaia, cosi come le ultime mobilitazioni contro la Gelmini. L’ ora è giunta per tornare a gridare nelle piazze Operai-Studenti uniti si vince!
                                                                                            L.T. PCL Frosinone
                                                                                                       

sabato 15 febbraio 2014

SOLIDARIETA’ A GIORGIO CREMASCHI E AI COMPAGNI AGGREDITI


Ciò che è successo a Milano, nel corso dell’attivo regionale della CGIL lombarda, è un fatto grave: la burocrazia della CGIL ha utilizzato la violenza fisica, tramite il servizio d’ordine, per impedire ad un delegato, appartenente alla seconda mozione congressuale, di intervenire durante l’assemblea e per cacciare dalla sala Giorgio Cremaschi e i delegati sostenitori del documento alternativo.

Tutto ciò nel quadro del sostegno da parte della burocrazia CGIL ad un attacco padronale senza precedenti contro le condizioni ed i diritti dei lavoratori (vedi l’accordo sulla rappresentanza firmato da ConfindustrIa, CGIL, CISL e UIL). E, per di più, nel contesto del sostegno aperto alla scalata al governo di Renzi.

Il PCL esprime la più completa solidarietà a Giorgio Cremaschi e tutti i compagni aggrediti. La lotta alla burocrazia sindacale, in cui sono impegnati i militanti del PCL a partire dal congresso della CGIL, assume una ragione in più.
                                                                                                                                                                                                                                         Partito Comunista dei Lavoratori.

venerdì 14 febbraio 2014

UCRAINA: UN MOVIMENTO REAZIONARIO CONTRO UN REGIME REAZIONARIO. SOLO LA CLASSE OPERAIA PUO' COSTRUIRE UN' ALTERNATIVA.



Nazi ucraini

Dal Novembre 2013 il regime poliziesco semi bonapartista del Presidente ucraino Yanukovich, è minacciato da un movimento reazionario di massa, essenzialmente concentrato nella parte occidentale dell'Ucraina e a Kiev, egemonizzato a livello di piazza da forze fasciste o fascistoidi.

E' essenziale un'analisi marxista e di classe della dinamica in corso, contro rappresentazioni ideologiche di segno opposto che attraversano il campo stesso della sinistra.

Il regime ucraino non ha nulla di “progressivo”, né dal punto di vista sociale né da quello politico. Sotto il profilo sociale si basa sul potere di una nomenclatura capitalista di estrazione burocratica , emersa dai processi di privatizzazione degli anni 90 , nel quadro della più generale restaurazione borghese nell'Est Europeo di fine 900: una borghesia di magnati arricchitasi in 20 anni sullo sfruttamento brutale della classe operaia, pagata con salari medi di 300 euro mensili a fronte di prezzi correnti occidentali ( in particolare a Kiev).
Sotto il profilo politico il regime parlamentare ucraino ha progressivamente rafforzato negli anni i suoi aspetti bonapartisti sullo stesso terreno costituzionale, con una nuova Costituzione (2010) che ha ampliato considerevolmente il potere presidenziale. Il potere presidenziale a sua volta si fonda sulla pratica diffusa dell'arbitrio poliziesco, dei servizi segreti, dei metodi censori e intimidatori: un patrimonio di esperienza e di strumenti spesso ereditato del vecchio stato staliniano e oggi messo a disposizione della nuova classe capitalista.

Parallelamente non ha certo nulla di progressivo la dinamica e natura del movimento di opposizione levatosi contro il regime. Al contrario. Per la sua composizione sociale e direzione politica, ha tutte le caratteristiche di un movimento reazionario di massa. Il suo profilo è nettamente a destra dello stesso movimento della cosiddetta “rivoluzione arancione” del 2004. Allora confuse aspirazioni democratiche di settori popolari furono incorporate dentro un movimento borghese liberal liberista, fortemente antioperaio, sostenuto dalle borghesie occidentali ( Usa e Ue). Oggi lo scontento popolare verso il regime è inquadrato e organizzato da un campo di forze nel quale il peso e il ruolo di organizzazioni fasciste o semifasciste- tutte russofobe e antisemite- è molto più consistente di quello di 10 anni fa: dal partito nazionalista reazionario di Svoboda - nato da un'organizzazione fascista e tuttora inneggiante a Stepan Bandera, collaborazionista di Hitler- sino a formazioni apertamente naziste come Causa Comune ( Spilna Sprava) e“Settore di destra” ( Pravi Sector).

Naturalmente il campo delle opposizioni è composito e non si riduce all'estrema destra. Va dal partito “Patria” di natura liberal capitalista, guidata da Yulia Tymoschenko oggi in carcere, al partito cattolico popolare diretto dall'ex pugile Klitschko, corteggiato dal Partito Popolare europeo e in particolare dalla CDU della Merkel. Queste forze, tra loro concorrenti, puntano a un'alternanza liberale di governo, economicamente assistita dalla U.E. Riflettono le pressioni di un settore crescente della stessa borghesia ucraina che si va distaccando dal regime e dalle sue relazioni privilegiate con la Russia per inseguire i vantaggi del mercato europeo e del suo business. Peraltro, a differenza che in Russia, i grandi industriali ucraini e le loro lobby ( la holding SKM di Akhmentov, il clan di Firtach nel campo dei trasporti, il potente gruppo industrial finanziario di Kolomoiski..) hanno di fatto proprie dirette rappresentanze parlamentari e di clan, all'interno dei diversi partiti, di governo e di opposizione. Il loro distacco da Yanukovic ha dunque un effetto diretto sugli equilibri politici e istituzionali. E misura l'indebolimento del regime.

Ma un aspetto importante della dinamica in corso è la crisi di egemonia delle opposizioni borghesi tradizionali, liberali o cattoliche, all'interno della stessa mobilitazione popolare, a tutto vantaggio dell'estrema destra.

La maggioranza della borghesia ucraina e del campo ufficiale delle opposizioni vorrebbe utilizzare la mobilitazione popolare, i sentimenti russofobi, l'avversione diffusa “contro la corruzione” del regime, come strumento di pressione istituzionale per ottenere l'anticipo delle elezioni politiche( formalmente previste per il 2015) e incassare con esse l'alternanza di governo. Per questo vuole evitare di trascinare lo scontro sul terreno incontrollabile della rivolta di piazza e della guerra civile ( esponendosi al rischio oltretutto di una repressione militare assistita dalla Russia). E chiede alle diplomazie europee e all'amministrazione americana di intercedere, nelle forme possibili, per favorire uno sbocco controllato e concordato della crisi. La crisi economica gravissima dell'Ucraina, con l'esplosione abnorme del debito pubblico e il rischio concreto di una bancarotta in tempi brevi, rappresenta a sua volta un'arma di pressione delle opposizioni sulla U. E. per un suo intervento risolutore.

Ma il disegno delle opposizioni “europeiste” si scontra con diversi ostacoli.

Innanzitutto ostacoli di ordine internazionale: le contraddizioni clamorose tra diplomazia europea e americana su sbocchi ed equilibri del dopo crisi; le divisioni tra gli imperialismi europei sul rapporto con la Russia, e di conseguenza sulla vicenda Ucraina ( l'imperialismo italiano oggi molto esposto e proiettato in una relazione economica speciale con Putin è non a caso molto silente e disimpegnato sull'Ucraina, a differenza dell'imperialismo tedesco); e soprattutto la straordinaria crisi economica (e istituzionale) della U. E., che oggi ha ben poco da “offrire” all'Ucraina: se non un”accordo di associazione” che in cambio di nuovi sacrifici per la popolazione ucraina ( a partire da ristrutturazioni industriali e licenziamenti di massa) prevede per i prossimi 7 anni la concessione di un solo miliardo di euro . Ciò a fronte di una voragine debitoria fuori controllo, e dell'ingiunzione del Fondo monetario Internazionale all'Ucraina di... ridurre i sussidi alle famiglie per pagare le bollette, quale garanzia di affidabilità per ottenere un prestito di 15 miliardi, secondo la prassi ordinaria dello strozzinaggio.
Proprio la crisi dell'Unione capitalistica europea (e l'indebolimento economico e politico dell'imperialismo USA su scala mondiale) hanno aperto il varco all'inserimento dell' imperialismo Russo : che con sua interessata offerta di 15 miliardi di prestiti e di sconti sulle forniture di gas, mira a recuperare l'Ucraina al proprio pieno controllo dentro il disegno della Unione doganale euroasiatica tra gli ex Stati dell'Urss ( cui hanno aderito per ora solo Bielorussia e Kazakistan). Un'eventualità che segnerebbe una nuova sconfitta della U. E.

Parallelamente le opposizioni tradizionali a Yanukovich pagano lo stallo del proprio progetto sul versante del rapporto di massa. La piazza di Maidan nel cuore di Kiev resta affollata e resistente. Ma anche sempre più diffidente verso opposizioni irrisolute che non offrono sbocchi. Da qui la dinamica di progressivo rafforzamento della presa di massa delle organizzazioni fasciste, spesso in un gioco di reciproco scavalco e concorrenza nella gestione di piazza. Le milizie paramilitari “anticomuniste” guidate da reduci della guerra afghana e da veterani dell'esercito -protagoniste di aggressioni e pestaggi contro attivisti democratici e di sinistra- diventano il punto di riferimento di crescenti settori studenteschi, di gioventù disoccupata, di piccola borghesia impoverita. Tanto più a fronte di un regime che per cercare di uscire dal vicolo cieco , combina confusamente manovre conciliative ( dimissioni del governo Azarov, e addirittura il 25 Gennaio offerta del governo alle opposizioni..)con leggi liberticide di tipo putiniano e brutale repressione militare e giudiziaria. Unendo insieme un'immagine di debolezza e di odiosa arroganza , entrambi fattori di radicalizzazione del movimento. In questo quadro le opposizioni tradizionali non paiono in grado né di dirigere il movimento né di cercare uno spazio d'intesa col regime restando prigioniere di una dinamica incontrollata cui non offrono sbocchi


La crisi ucraina pertanto è oggi in qualche modo sospesa nell'equilibrio instabile e provvisorio di tre debolezze: quella di un governo borghese semi bonapartista che ha perso larga parte della propria base d'appoggio ma che è ancora in grado di restare in sella; quella di un'opposizione borghese “europeista” che vorrebbe rimpiazzarlo in modo indolore ma non sa come fare; quella di un movimento reazionario che occupa piazze e palazzi ma non è ancora in grado di prendere il potere.

Questa situazione non durerà a lungo. Ed è esposta a sbocchi potenzialmente drammatici.
Solo un ingresso in campo della classe operaia ucraina, con le proprie rivendicazioni sociali e di classe, può spezzare la polarizzazione tra forze reazionarie, disgregare i loro blocchi sociali, ricomporre l'opposizione su nuove basi e prospettive. La classe operaia ucraina non partecipa ad oggi al movimento reazionario in atto, ed è un fatto assolutamente positivo. Ma è rimasta sinora sostanzialmente passiva a fronte della crisi politica e sociale. Una sua irruzione sulla scena potrebbe rappresentare un fattore formidabile di svolta, assieme alla costruzione di un partito marxista rivoluzionario che si candidi alla sua direzione. Solo una rivoluzione socialista può liberare i lavoratori dell'Ucraina dall'oppressione politica e sociale, nella prospettiva di un'Europa socialista.


Contro un regime capitalista corrotto e oppressivo, e contro una reazione fascistoide e antisemita. Contro ogni subordinazione dell'Ucraina all'imperialismo russo.
Contro ogni subordinazione dell'Ucraina alla Unione Europea dei capitalisti e dei banchieri.
Per un'alternativa di classe indipendente, per un governo dei lavoratori in Ucraina, per la prospettiva degli Stati Uniti Socialisti d' Europa.
                                                                                                              Marco Ferrando.

mercoledì 12 febbraio 2014

DIFENDERE LA RESISTENZA, NO AL REVISIONISMO.


Dalla metà degli ottanta si assiste ad un fenomeno  estremamente vergognoso che va sotto il nome di " revisionismo" ovvero calunniare la Resistenza antifascista e equiparare i partigiani ai " ragazzi di Salò". Senza distinguere, e qui è lo schifo, chi ha lottato ed è morto per la libertà e chi invece ha ucciso oppresso e torturato. In molti casi suoi stessi connazionali.
Vediamo commemorare i "martiri delle foibe" (?) tacendo vergognosamente sulle migliaia di assassinii fascisti perpetrati dalle truppe fasciste nell'occupazione jugoslava.
Questa operazione fa comodo a molti. In primo luogo alla destra neofascista, in modo da presentarsi come valorosa protettrice degli italiani, in secondo luogo al centrodestra e al centrosinistra che vogliono continuare la politica di sfruttamento nei confronti della classe operaia privandola di uno degli esempi più alti della lotta di classe italiana, la Resistenza per l'appunto.

NO AL FASCISMO.
NO AL REVISIONISMO.
ORA E SEMPRE RESISTENZA!
                                                                                               PCL-Frosinone

martedì 11 febbraio 2014

ORDINE DEL GIORNO DEL COMITATO CENTRALE DEL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI



L'avanzata del “renzismo” è al centro dello scenario politico istituzionale, in un quadro complessivo ancora contraddittorio e instabile.

La conquista del PD da parte di Renzi non è un semplice avvicendamento di gruppi dirigenti nella continuità del vecchio apparato e partito. E' un elemento di discontinuità e di rottura con il “patto di sindacato” tra componenti che reggeva il PD -ed in particolare con la sua sinistra liberale di estrazione PCI/DS- da parte di un raggruppamento maggioritario liberal populista che ha fatto delle primarie l'atto di investitura plebiscitaria della nuova leaderschip .

La nuova leaderschip del PD non è un semplice fenomeno mediatico autocentrato. Esprime anche il tentativo di porre il proprio richiamo populista al servizio di una prospettiva di soluzione della crisi politica e istituzionale della borghesia e di riforma del capitalismo italiano attraverso:
una legge elettorale reazionaria, iper maggioritaria, che punta ad un quadro politico tendenzialmente bipartitico; un progetto di ridefinizione delle relazioni industriali, a vantaggio di un'ulteriore ampliamento della licenziabilità dei lavoratori, combinato con il coinvolgimento dei sindacati nei consigli aziendali (“Job act”); un investimento centrale nella rappresentanza e promozione di settori emergenti della borghesia italiana, in particolare legati all'esportazione, e di una nuova generazione di manager pubblici.

La natura del progetto e l'avanzata politica del renzismo gli hanno guadagnato il sostegno del grosso della borghesia italiana, ben oltre il perimetro della sua iniziale base d'appoggio.



Al tempo stesso l'avanzata del renzismo e del suo progetto si confronta col permanere di una situazione politica generale ancora vischiosa e irrisolta:
incognite del passaggio parlamentare della legge elettorale; difficile convivenza tra la nuova “maggioranza istituzionale” ( Renzi/ Berlusconi) con il governo Letta e la maggioranza politica che lo sostiene; incertezze obiettive sulle risultanti politiche della nuova legge elettorale bipartitica, a fronte dell'esistenza del terzo polo grillino e degli spazi virtuali di recupero del blocco berlusconiano; contraddizioni interne al campo renziano nel rapporto col conflitto sociale e la burocrazia sindacale.
Questi fattori, e il loro insieme, non attenuano la natura reazionaria del renzismo, né ridimensionano le sue potenzialità reazionarie: descrivono un quadro ancora irrisolto circa la sua dinamica e i suoi sbocchi.



Il Renzismo impatta fortemente sulla sinistra italiana, politica e sindacale.

Sul terreno sindacale, il contrasto apertosi nella burocrazia CGIL tra Camusso e Landini, è inseparabile dal nuovo contesto politico. Landini si è candidato a interlocutore sindacale privilegiato del nuovo segretario del PD in funzione dello scavalcamento della segreteria CGIL, a partire dal terreno negoziale della legge sulla rappresentanza sindacale. La burocrazia CGIL ha provato a ostruire questo canale negoziale affrettando l'accordo sulla rappresentanza con Cisl, Uil, Confindustria ( testo unico sulla rappresentanza del 10 Gennaio). Landini ha reagito all'operazione ostile scoprendo improvvisamente e denunciando gli esiti annunciati di quello stesso accordo che la FIOM aveva salutato come propria vittoria “democratica” ( 31 Maggio 2013). Nei fatti le direzioni sindacali maggioritarie del movimento operaio, con manovre burocratiche, si contendono il posizionamento privilegiato nel corteggiamento delle classi dominanti. Con Landini che fornisce una copertura a sinistra al renzismo, in contrasto con gli interessi di classe e con le stesse ragioni di una battaglia democratica.

Sul piano politico il renzismo si è abbattuto su SEL, con una legge elettorale che minaccia la sua morte parlamentare, e rivela in ogni caso una logica di sua marginalizzazione/ annessione. Le stesse conclusioni del Congresso Nazionale di SEL con l'apertura obbligata di Vendola alla lista Tsipras - per assorbire il sentimento anti PD del congresso ed evitare una propria sconfessione pubblica- è il riflesso indiretto di un contesto nuovo. Che mina alla radice lo spazio politico autonomo di una sinistra del centrosinistra, e rivela una volta di più il fallimento del Vendolismo e delle sue stesse aperture di credito a Renzi.

Parallelamente si va dispiegando un nuovo salto di qualità dell'offensiva borghese contro il lavoro e i suoi diritti. Da un lato l'accordo sulla rappresentanza siglato da CGIL, CISL, UIL, Confindustria, conclude nel peggiore dei modi l'itinerario aperto dall'azione di sfondamento della FIAT a partire dal 2009 con la relativa capitolazione sindacale sul terreno dei diritti contrattuali. Dall'altro proprio il varco aperto sul terreno della deroga ai contratti, dentro la profondità della crisi capitalista, trascina una nuova offensiva del padronato contro il contratto nazionale di lavoro . La provocazione di Electrolux con l'attacco frontale agli stessi salari contrattuali è emblematica. E minaccia di aprire un effetto domino sia in termini di moltiplicazione di casi analoghi , sia in termini di ulteriore arretramento del terreno complessivo di concertazione (v. proposta di accordo avanzata da Confindustria di Pordenone ). L'ascesa politica del fenomeno Renzi, del suo decisionismo risolutore, concorre di fatto dal versante politico a incoraggiare la nuova offensiva padronale contro il lavoro. Mentre milioni di lavoratori e lavoratrici si trovano privi ancora una volta di una proposta di azione e di resistenza sociale contro la nuova valanga padronale.

Il M5S , quale movimento populista reazionario di massa, continua a nutrirsi della crisi congiunta dei partiti dominanti e del movimento operaio. La sua reazione alla concorrenza populista del renzismo attraverso la drammatizzazione dello scontro politico istituzionale ( attacco frontale a Napolitano, ostruzionismo parlamentare..) è funzionale al consolidamento del blocco di riferimento interclassista grillino e al rilancio del progetto plebiscitario del M5S. Mentre la natura profondamente antioperaia del grillismo è confermata una volta di più dal sostegno di Grillo ai padroni dell'Electrolux contro i diritti più elementari dei lavoratori.




Sulla base degli orientamenti generali definiti dal 3° Congresso nazionale del PCL, nel quadro delle indicazioni del suo odg conclusivo, a fronte dei nuovi sviluppi politici, il CC definisce e rilancia per i prossimi mesi questi assi prioritari di intervento e proposta :

Contrapposizione frontale al renzismo, con la denuncia specifica della sua natura e caratteri.
Critica pubblica della linea irresponsabile e fallimentare di apertura a Renzi da parte del gruppo dirigente FIOM e di Vendola.
Appello a tutte le sinistre sindacali e politiche perchè rompano con Renzi e col PD, ad ogni livello, con la proposta di fronte unico di classe contro Renzi e contro tutte le espressioni politiche dominanti ( Letta, Napolitano, Grillo, Berlusconi).
Proposta di specifica e immediata mobilitazione unitaria di tutte le sinistre, politiche, sindacali, associative, di movimento contro la legge elettorale truffa Renzi/ Berlusconi, e il disegno di Terza Repubblica reazionaria ad essa sotteso, a partire da una grande manifestazione nazionale.
Denuncia costante dell'intreccio tra leggi elettorali reazionarie e attacco ai diritti di rappresentanza del lavoro, tra aggressione politica reazionaria e aggressione sociale
Campagna di demistificazione della cultura della governabilità del capitale: che vuole dare copertura istituzionale alle politiche dei capitalisti contro la maggioranza della società attraverso la negazione del principio democratico della rappresentanza proporzionale e la conseguente legittimazione dei governi “di minoranza”. Riconduzione dunque della battaglia democratica per il principio della rappresentanza proporzionale( piena, integrale, ad ogni livello) alla prospettiva anticapitalista del governo dei lavoratori.

Battaglia centrale a livello di massa per la necessità di una svolta unitaria e radicale dell'azione di classe, contro la nuova aggressione padronale, come riferimento egemone e unificante dell'opposizione sociale e dei movimenti: facendo del caso Electrolux l'occasione di rilancio della rivendicazione dell'occupazione di tutte aziende che licenziano o minacciano licenziamenti, chiusure, delocalizzazioni ; del loro esproprio sotto controllo operaio; della ripartizione del lavoro con riduzione generale dell'orario a 30 ore con parità di paga.
Continuità dell'azione costante di propaganda a favore dell'autorganizzazione democratica dei lavoratori nella loro diversa articolazione ( comitati di lotta, comitati di sciopero, consigli) come espressione di massima unità e democrazia operaia, possibili strutture di direzione alternativa delle lotte, embrione di un potere alternativo.
Appello agitatorio- come sempre- alla immediata costituzione di tali strutture in tutte le situazioni segnate dalla radicalizzazione dello scontro di massa col padrone e/o con le burocrazie sindacali.

Impegno nei diversi movimenti e sui diversi terreni di opposizione ( scuola, università, casa, No Tav...) per ricondurre le loro istanze progressive alla centralità della lotta di classe e di una prospettiva anticapitalista, nella logica di raggruppamento di tendenze rivoluzionarie.
Battaglia per l'organizzazione democratica nazionale dei movimenti e per l'unificazione nazionale delle loro specifiche vertenze (ad es. vertenza casa) in una logica di loro sviluppo di massa in contrapposizione a padronato e governi, contro ogni visione puramente localista e/o di “antagonismo” autocentrato.
Centralità dell'intervento su fabbriche e luoghi di lavoro ai fini del radicamento sociale del partito, dentro il progetto di costruzione delle sue sezioni.

Impegno di tutti i nostri compagni iscritti alla CGIL nello scontro congressuale contro la burocrazia dirigente e le sue diverse espressioni- anche tra loro conflittuali-, a sostegno del documento alternativo della opposizione classista ( “ Il sindacato è un'altra cosa”): nella prospettiva importante della costruzione e sviluppo della tendenza organizzata dell'opposizione di classe in CGIL e della lotta per la sua qualificazione rivoluzionaria. Utilizzo della stessa battaglia congressuale in Cgil ai fini della costruzione e radicamento del PCL e della riconoscibilità dei suoi militanti.

Utilizzo dello scenario delle elezioni europee- nell'impossibilità di una nostra partecipazione a causa di una legge elettorale reazionaria- come occasione di caratterizzazione del nostro programma anticapitalista contro l'Unione Europea e contro i populismi reazionari per gli Stati Uniti Socialisti d'Europa: con una azione di ampia diffusione dei nostri materiali di propaganda sui luoghi di lavoro, nelle scuole e università, sul territorio, congiuntamente all'intervento analogo delle altre sezioni del CRQI, secondo quanto deciso dalla riunione CRQI di Atene a Dicembre.
In questo quadro netta demarcazione dal programma e impostazione politica dell'eventuale lista Tsipras, a partire dalla critica pubblica dell''appello promozionale della lista: un'operazione posticcia dall'esito incerto che somma il tentativo di riciclaggio di gruppi dirigenti fallimentari della sinistra italiana con le ambizioni di personalità intellettuali liberal progressiste o “giustizialiste”, attorno a un programma di “New Deal europeo” e di pressione sulla socialdemocrazia continentale.

Utilizzo ove possibile delle prossime elezioni amministrative come occasione di presentazione indipendente del nostro partito- in particolare a Firenze, Livorno, Pavia, Pesaro, Cesena, Forlì - con una marcata caratterizzazione politica anti sistema.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

giovedì 6 febbraio 2014

Oggi le nostre bandiere sono a lutto, pagherete caro pagherete tutto!


5 Febbraio 2014

Pino

Un altro operaio morto sul lavoro per mano dei padroni.

Lo hanno suicidato, lo hanno portato in una condizione di non vedere altra via d’uscita che il suicidio.
Giuseppe De Stefano è stato trovato impiccato nella sua casa di Afragola, lascia la moglie e due figli piccoli.
La responsabilità di questa morte ricade sugli azionisti e dirigenti della Fiat-Chrysler con la complicità di quei
sindacalisti corrotti e asserviti al padrone.
Dopo averlo sfruttato per anni, dopo averlo emarginato nel reparto confino di Nola e fatto capire che non
sarebbe più rientrato in fabbrica, i padroni si sono presi anche la sua vita.

Pino era un attivista sindacale dello Slai Cobas, un Compagno sempre presente nelle battaglie per i diritti
dei lavoratori, anche di quelli che oggi sono rientrati in fabbrica e che hanno chinato la testa di fronte
all’arroganza di Marchionne.

Il gesto drammatico di Pino è un atto di accusa verso chi sta calpestando la dignità dei lavoratori, un gesto
di chi vuol far capire in quali condizioni vive un lavoratore che si ritrova per anni in cassa integrazione.
Pino si era separato, ma anche questa separazione era frutto delle politiche criminali che i padroni stanno
attuando verso i lavoratori. La sua vita man mano si distrugge e così anche i sui affetti, fino all’epilogo
più tragico.

I conti non tornano, troppi morti nelle file dei proletari e nessun borghese che paghi.
Ma noi non dimentichiamo e non dimenticheremo.

Ciao Pino per noi non sei morto, chi ha Compagni non muore mai.

Partito Comunista dei Lavoratori – Napoli
Sez. Rosa Luxemburg

martedì 4 febbraio 2014

Un interessantissimo breve scritto di Lenin riguardante il marxismo, pensiamo sia opportuno leggerlo in questa particolare fase storica, dove il Marxismo ha trovato le più orrende amputazioni.
                                                                                                   PCL-Frosinone.

Tre fonti e tre parti integranti del marxismo


Vladimir Lenin (1913)

In tutto il mondo civile la dottrina di Marx si attira la più grande ostilità e l'odio più intenso di tutta la scienza borghese (sia ufficiale che liberale), che vede nel marxismo una specie di "setta perniciosa". E non ci si può aspettare un atteggiamento diverso, poiché una scienza sociale "imparziale" non può esistere in una società fondata sulla lotta di classe. In un modo o nell'altro, tutta la scienza ufficiale e liberale difende la schiavitù del salariato, mentre il marxismo ha dichiarato una guerra implacabile a questa schiavitù. Pretendere una scienza imparziale nella società della schiavitù del salariato è una stolta ingenuità, quale sarebbe pretendere l'imparzialità da parte degli industriali nel considerare se occorre aumentare il salario degli operai diminuendo il profitto del capitale.

Ma ciò non basta. La storia della filosofia e la storia della scienza sociale dimostrano con tutta chiarezza che nel marxismo non v'è nulla che rassomigli al "settarismo" inteso come una specie di dottrina chiusa e irrigidita, sorta fuori dalla strada maestra dello sviluppo della civiltà mondiale. Al contrario, tutta la genialità di Marx sta proprio in ciò, che egli ha risolto dei problemi già posti dal pensiero d'avanguardia dell'umanità. La sua dottrina è sorta come continuazione diretta e immediata della dottrina dei più grandi rappresentanti della filosofia, dell'economia politica e del socialismo.

La dottrina di Marx è onnipotente perché è giusta. Essa è completa e armonica, e dà agli uomini una concezione integrale del mondo, che non può conciliarsi con nessuna superstizione, con nessuna reazione, con nessuna difesa dell'oppressione borghese. Il marxismo è il successore legittimo di tutto ciò che l'umanità ha creato di meglio durante il secolo XIX: la filosofia tedesca, l'economia politica inglese e il socialismo francese.

Ci fermeremo brevemente su queste tre fonti del marxismo, che sono nello stesso tempo le sue tre parti integranti.

I

La filosofia del marxismo è il materialismo. Nel corso di tutta la storia moderna d'Europa e soprattutto alla fine del secolo XVIII in Francia, dove si combatteva una lotta decisiva contro le vestigia medioevali d'ogni sorta, contro il feudalesimo nelle istituzioni e nelle idee, il materialismo ha dimostrato di essere l'unica filosofia coerente, conforme a tutti gli insegnamenti delle scienze naturali, ostile ai pregiudizi, alla bigotteria, ecc. I nemici della democrazia perciò hanno cercato con tutte le forze di "confutare" il materialismo, di screditarlo, di calunniarlo; essi hanno difeso diverse forme dell'idealismo filosofico, che si riduce sempre, in un modo o nell'altro, alla difesa o al sostegno della religione.

Marx ed Engels difesero nel modo più risoluto il materialismo filosofico, e spiegarono ripetutamente l'errore profondo di tutte le tendenze che si allontanano da questa base. Le loro idee sono esposte nel modo più chiaro e circostanziato nelle opere di Engels: Ludovico Feuerbach e Antidühring, che - al pari del Manifesto del partito comunista - sono libri indispensabili a ogni operaio cosciente.

Marx non si fermò al materialismo del secolo XVIII, ma spinse avanti la filosofia. Egli la arricchì delle conquiste della filosofia classica tedesca, soprattutto del sistema di Hegel che, a sua volta, aveva condotto Feuerbach al materialismo. La principale di queste conquiste è la dialettica, cioè la dottrina dello sviluppo nella sua espressione più completa, più profonda e meno unilaterale, la dottrina della relatività delle conoscenze umane, riflesso della materia in perpetuo sviluppo. Le scoperte più recenti delle scienze naturali - il radio, gli elettroni, la trasformazione degli elementi - hanno splendidamente confermato il materialismo dialettico di Marx, a dispetto delle dottrine dei filosofi borghesi e dei loro "nuovi" ritorni al vecchio e putrido idealismo.

Approfondendo e sviluppando il materialismo filosofico, Marx lo spinse fino alle ultime conseguenze e lo estese dalla conoscenza della natura alla conoscenza della società umana. Il materialismo storico di Marx fu una delle più grandi conquiste del pensiero scientifico. Al caos e all'arbitrio che regnavano fino allora nelle concezioni della storia e della politica, venne sostituita una teoria scientifica integrale e armonica, la quale mostra come da una forma di vita sociale, in seguito all'accrescimento delle forze produttive, si sviluppi un'altra forma più elevata, come, per esempio, dal feudalesimo nasca il capitalismo.

Allo stesso modo che la conoscenza dell'uomo riflette la natura, che esiste indipendentemente da lui, cioè la materia in sviluppo, così la conoscenza sociale dell'uomo (ossia le diverse concezioni e le dottrine filosofiche, ecc.) riflette il regime economico della società. Le istituzioni politiche sono una sovrastruttura che si erige sulla base economica. Noi vediamo, per esempio, come le diverse forme politiche degli Stati europei contemporanei servono a rafforzare il dominio della borghesia sul proletariato.

La filosofia di Marx è il materialismo filosofico integrale, il quale ha dato all'umanità, e particolarmente alla classe operaia, un potente strumento di conoscenza.
II

Resosi conto che il regime economico costituisce la base sulla quale si erige la sovrastruttura politica, Marx rivolse la sua attenzione soprattutto allo studio di questo regime economico. L'opera principale di Marx - Il capitale - è consacrata allo studio del regime economico della società moderna, cioè capitalistica.

L'economia politica classica anteriore a Marx nacque in Inghilterra, il paese capitalista più progredito. Adam Smith e David Ricardo, studiando il regime economico, gettarono le basi della teoria secondo cui il valore deriva dal lavoro. Marx continuò la loro opera, dette una rigorosa base scientifica a questa teoria e la sviluppò in modo coerente. Egli dimostrò che il valore di ogni merce è determinato dalla quantità di lavoro socialmente necessario, ovvero dal tempo di lavoro socialmente necessario alla sua produzione.

Là dove gli economisti borghesi vedevano dei rapporti tra oggetti (scambio di una merce con un'altra), Marx scoprì dei rapporti tra uomini. Lo scambio delle merci esprime il legame tra singoli produttori per il tramite del mercato. Il denaro indica che questo legame diventa sempre più stretto, fino ad unire in un tutto indissolubile la vita economica dei produttori isolati. Il capitale indica lo sviluppo ulteriore di questo legame: la forza-lavoro dell'uomo diventa una merce.

L'operaio salariato vende la sua forza-lavoro al proprietario della terra, delle fabbriche, degli strumenti di produzione. L'operaio impiega una parte della giornata di lavoro a coprire le spese del mantenimento suo e della sua famiglia (il salario), e l'altra parte a lavorare gratuitamente, creando per il capitalista il plusvalore, fonte del profitto, fonte della ricchezza della classe dei capitalisti.

La dottrina del plusvalore è la pietra angolare della teoria economica di Marx.

Il capitale, creato dal lavoro dell'operaio, opprime l'operaio, rovinando i piccoli proprietari e creando un esercito di disoccupati. Nell'industria, la vittoria della grande produzione è evidente a prima vista; ma anche nell'agricoltura osserviamo lo stesso fenomeno: la superiorità della grande azienda agricola capitalistica aumenta, l'impiego delle macchine si estende, l'azienda contadina cade sotto le grinfie del capitale finanziario, decade e va in rovina sotto il peso della sua tecnica arretrata. Nell'agricoltura le forme della decadenza del piccolo produttore sono differenti, ma la decadenza è un fatto indiscutibile.

Il capitale, prendendo il sopravvento sulla piccola produzione, porta a un aumento della produttività del lavoro e crea una situazione di monopolio per le associazioni dei più grandi capitalisti. La produzione stessa diventa sempre più sociale: centinaia di migliaia e milioni di operai sono legati a un organismo economico sottoposto a un piano regolare, ma un pugno di capitalisti si appropria il prodotto del lavoro comune. Crescono l'anarchia della produzione, le crisi, la corsa sfrenata alla conquista dei mercati, l'incertezza dell'esistenza per la massa della popolazione.

Accrescendo la dipendenza degli operai di fronte al capitale, il regime capitalistico crea la grande forza del lavoro riunito.

Marx seguì l'evoluzione del capitalismo dai primi rudimenti dell'economia mercantile, dal semplice baratto fino alle sue forme superiori, fino alla grande produzione.

E l'esperienza di tutti i paesi capitalistici, tanto vecchi che nuovi, dimostra con evidenza a un numero di operai di anno in anno sempre più grande la giustezza di questa dottrina di Marx.

Il capitalismo ha vinto in tutto il mondo, ma questa vittoria non è che il preludio della vittoria del lavoro sul capitale.

III

Quando il regime feudale fu abbattuto e la "libera" società capitalistica venne alla luce, si vide subito che questa libertà significava un nuovo sistema di oppressione e di sfruttamento dei lavoratori. Diverse dottrine socialiste incominciarono ben presto a sorgere, come riflesso di questa oppressione e protesta contro di essa. Ma il socialismo primitivo era un socialismo utopistico. Esso criticava la società capitalistica, la condannava, la malediceva; sognava di distruggerla e fantasticava di un regime migliore; cercava di persuadere i ricchi dell'immoralità dello sfruttamento. Ma il socialismo utopistico non poteva indicare una effettiva via di uscita. Non sapeva né spiegare l'essenza della schiavitù del salariato sotto il capitalismo, né scoprire le leggi del suo sviluppo, né trovare la forza sociale capace di divenire la creatrice di una nuova società.

Intanto le rivoluzioni tempestose che, in tutta l'Europa e principalmente in Francia, accompagnarono la caduta del feudalesimo e del servaggio, dimostravano in modo sempre più evidente che la base e la forza motrice di ogni sviluppo era la lotta di classe.

Nessuna vittoria della libertà politica sulla classe dei signori feudali fu ottenuta senza incontrare una resistenza disperata. Nessun paese capitalistico si organizzò su una base più o meno libera, più o meno democratica, senza una lotta a morte tra le diverse classi della società capitalistica.

La genialità di Marx consiste nel fatto che da ciò egli seppe, per primo, trarre ed applicare coerentemente la conclusione che la storia universale insegna. Questa conclusione è la dottrina della lotta di classe.

Fino a quando gli uomini non avranno imparato a discernere, sotto qualunque frase, dichiarazione e promessa morale, religiosa, politica e sociale, gli interessi di queste o quelle classi, essi in politica saranno sempre, come sono sempre stati, vittime ingenue degli inganni e delle illusioni. I fautori delle riforme e dei miglioramenti saranno sempre ingannati dai difensori del passato, fino a quando non avranno compreso che ogni vecchia istituzione, per barbara e corrotta che essa sembri, si regge sulle forze di queste o quelle classi dominanti. E per spezzare la resistenza di queste classi vi è un solo mezzo: trovare nella stessa società che ci circonda, educare e organizzare per la lotta forze che possono - e che per la loro situazione sociale debbano - spazzar via il vecchio ordine e crearne uno nuovo.

Soltanto il materialismo filosofico di Marx ha indicato al proletariato la via di uscita dalla schiavitù spirituale nella quale hanno vegetato fino ad oggi tutte le classi oppresse. Soltanto la teoria economica di Marx ha chiarito la situazione reale del proletariato nel regime capitalistico.

In tutto il mondo, dall'America al Giappone, dalla Svezia all'Africa del sud, si moltiplicano le organizzazioni indipendenti del proletariato. Conducendo la propria lotta di classe, il proletariato si istruisce e si educa, si libera dai pregiudizi della società borghese, acquista una coesione sempre maggiore, impara a misurare i suoi successi, a temprare le sue forze, e si sviluppa in modo irresistibile.