martedì 27 maggio 2014
LA NATO IN UCRAINA.
Non affermiamo questo per manie complottiste, per dare sempre e comunque la colpa agli imperialisti, per essere retorici. Affermiamo questo perchè le dinamiche che hanno portato all'abbattimento del governo Yanucovich, sono state talmente precise da escludere una casualità degli eventi e al contratrio affermare la sua pianificazione. Tutto è avvenuto in maniera meccanica.
Questa constatazione deriva studiando non tanto le veloci dinamiche di piazza, ma la creazione di strutture armate in Ucraina, filo-occidentali nella propria natura e profondamente antirusse. Strutture unitisi sotto il nome di Pravyi Sektor.
Come precedentemente abbiamo sottolineato, Pravyi Sektor è una unione di strutture paramilitari naziste, nate dopo il crollo degli stati operai degenerati e del blocco sovietico.
Formazioni che da subito si sono addestrate all'uso delle armi e delle tecniche di guerra, specie in quel settore di guerriglia urbana paramilitare usata dalle truppe irregolari serbe, si pensi alle "Tigri". E' chiaro che non ci troviamo davanti a semplici teste pelate che giocano con gli M-16, ma a veri e propri professionisti della guerra e delle tecniche. Ora, come è possibile che abbiano raggiunto un livello così alto di combattimento, non certo con il "fai da te".... fatto dimostrabile per altro dalla loro presenza in scenari di guerra molto impegnativi, si è parlato di guerriglia cecena, antirussa per eccellenza.
Il tutto porta ad una conclusione, ovvero la presenza della Nato e delle sue strutture in Ucraina da molto tempo. L'imperialismo preferisce prevenire che curare, per questo quello occidentale si è mosso immediatamente contro quello russo. La sua prevenzione ha riguardato, non a caso, la formazione di tali strutture da usare a suo piacimento in vari scenari di guerra sotterranea, niente di più classico, un modus operandi noto da molto tempo. Ovviamente sono state usate al momento opportuno, dai fatti di piazza Maidan, e continuano ad essere usate per uccidere e terrorizzare. Se fossero stati dei semplici rivoltosi, divenuti protagonisti per caso le forze al governo li avrebbero liquidati da un pezzo, data la loro follia. Tuttavia, quando si rappresenta direttamente la Nato in un certo scenario, si è in una botte di ferro. Certo sarebbe interessante approfondirne alcuni aspetti, in futuro ne sapremo sicuramente di più. Oggi questo è quello che possiamo affermare con sicurezza.
Non manchiamo di affermare tutta la nostra vicinanza al popolo dell'Est ucraino impegnato nella lotta al fascismo, ai compagni che devono vivere in clandestinità, ai familiari delle vittime di questa ennesima barbarie imperialista.
Non siamo pacifisti, e mai contrarremo questo immondo male, ci sentiamo solo di dire che davanti a questi scenari, la "guerra è la continuazione della politica con altri mezzi". Da una parte, e così deve essere necessariamente dall'altra. Altrimenti si perisce prima ancora di rendersene conto.
PCL-Frosinone.
venerdì 23 maggio 2014
Addio a Vittorio Rieser.
Questa è una di quelle notizie che non avremmo mai voluto dare, Vittorio Rieser studioso della classe operaia e militante proletario non c'è più.
Con lui se ne va un modello di militanza e di attività intellettuale che oggi nessuno rappresenta.
E' facile parlare di operai, di classe, di fabbrica in maniera astratta. Lontani anni luce dal comprendere i nuovi comportamenti proletari, la nuova condizione, del tutto inedita del proletariato ai tempi del post-fordismo.
Vittorio ci lascia in un momento critico riguardante le analisi di classe, ci lascia in mezzo a chi crede che la classe operaia sia rimasta nelle forme assunte nell'ottocento o peggio tra chi crede che si sia estinta.
Tutta la vita di Vittorio è stata al servizio del proletariato, egli da marxista, non mancava mai di analizzarne gli aspetti in meniera scientifica, capirne i comportamenti, gli orientamenti al fine di elaborare strategie di lotta sindacale.
Dai Quaderni Rossi al Collettivo Lenin e ancora da Avanguardia Operaia a DP, passando per un breve periodo in Rifondazione fino all'impegno sindacale, le pecularietà di Vittorio non vennero mai meno.
Diamo l'addio ad un esempio di militanza, coerenza e scientificità marxista.
La terra ti sia lieve Compagno.
PCL Frosinone.
domenica 18 maggio 2014
Non è un incidente sul lavoro, è un vero e proprio massacro!
Dichiarazione del Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (DIP) sulla catastrofe nella miniera della città di Soma.
Non è un incidente sul lavoro, è un vero e proprio massacro!
Gli assassini dei minatori ne rendano conto!
Abbasso il governo!
Per uno sciopero generale fin quando non saranno soddisfatte tutte le richieste!
Diciamo la verità alla gente sul numero dei morti!
Per una Commissione d’inchiesta indipendente che faccia luce sulle cause del massacro!
Fermiamo lo stato d’emergenza di fatto a Soma!
Che i padroni ed i dirigenti della criminale compagnia mineraria siano arrestati immediatamente!
Per la nazionalizzazione della miniera di Soma sotto il controllo dei lavoratori!
Basta privatizzazioni! Per la rinazionalizzazione di tutte le miniere! Il settore privato non deve avere accesso alle miniere!
Non si tratta di una coincidenza, e nemmeno di destino. Quanto è
accaduto è palese: i padroni legati al governo dell’AKP hanno fatto il
loro tempo! Questa è l’epoca che stiamo attraversando! Zafer
Çalayan, ex ministro del commercio, ora fuori dal governo
perché si è scoperto aver ricevuto, un orologio Philippe Patek da
250.000 dollari come tangente da un criminale che si occupava di
traffici illegali tra l’Iran e la Turchia, in cambio di protezione, era
solito girare il mondo per promuovere la Turchia, vantandosi che “i miei
lavoratori sono così docili da lavorare più a lungo di chiunque altro,
per un salario più basso e senza mai mettersi in malattia”!
Tutti i capitalisti, stranieri e locali, si sono energicamente
protessi da spese “inutili” (!) che avrebbero abbassato i loro profitti.
Nessun pagamento degli straordinari, nessuna sicurezza sociale, la
forza lavoro divisa dall’uso di una moltitudine di subappaltatori nei
luoghi di lavoro, i salari sempre più bassi, nessuna retribuzione di
anzianità, e soprattutto tutte le misure necessarie per la salute dei
lavoratori e la sicurezza sul lavoro comodamente accantonate”
Questa è la base del tanto decantato PIL di diecimila dollari pro
capite! Per far arricchire i padroni devono morire i lavoratori!
Non si tratta di un incidente! E’ la logica conseguenza di politiche
perseguite nella maniera più sistematica e consapevole per oltre un
decennio, in realtà persino da più tempo.
Si tratta di un omicidio collegato al lavoro. E di omicidio
intenzionale, se è per questo. La Turchia risulta prima in Europa e
terza a livello internazionale per gli “incidenti” sul lavoro. Ogni anno
seppelliamo circa un migliaio di lavoratori per soddisfare la sete di
profitto del capitale. Se un governo non muove un dito per porre fine a
questa situazione, allora si tratta di omicidio intenzionale! Ecco
perché l’omicidio di lavoro a Soma deve essere chiamato, giustamente,
massacro!
Nonostante l’obbligo di una giornata lavorativa massima di sette ore
e mezzo nelle miniere, i lavoratori hanno raccontato di lavorare anche
undici ore. Il motivo per cui non si può stabilire il numero di
lavoratori intrappolati nella miniera è che molti lavorano a nero.
Alcune delle famiglie in attesa che i loro cari venissero estratti vivi
hanno detto ai nostri compagni che là sotto hanno figli di quindici
anni! Il fatto che il Ministro dell’Energia e delle Risorse Naturali
abbia asserito che questa miniera in particolare sia stata soggetta a
tutti i controlli necessari dimostra che egli agisce in combutta coi
padroni della miniera per coprire la loro responsabilità nell’accaduto.
C’è un crimine, e c’è il rischio che questo crimine sia oscurato!
I sospettati devono essere arrestati! Non qualche ingegnere o caposquadra di basso livello, ma i padroni ed i loro dirigenti!
Non c’è scampo! La classe lavoratrice, l’operaio, il povero della
campagna ed il povero della città, il pensionato, le donne, i giovani,
tutti gli oppressi, tutti quelli che hanno partecipato alla rivolta
popolare dell’estate scorsa, tutti noi dobbiamo muoverci per liberarci
di questo governo e delle sue politiche che non conoscono confini nella
difesa degli interessi dei capitalisti. Abbasso il governo!
Il governo sta cercando di oscurare la prova di questo crimine, Sta
tentando di imporre a Soma uno stato di emergenza di fatto. Il numero
dei morti è stato sistematicamente nascosto fin dal primo momento.
Mentre le fonti governative insistevano su cifre sotto i 20, il sindaco
di opposizione di Manisa, la provincia in cui si trova il distretto di
Soma, ha parlato di 175 vittime, cifra che ora pare essere solo una
prima stima. I lavoratori di Soma parlano di numeri oltre i 201 che ha
ora tardivamente ammesso il Ministro dell’Energia e delle Risorse
Naturali.
Ora il governo sta nascondendo i cadaveri, inviando i corpi nelle
loro città natali e ricorrendo a tutti i tipi di stratagemmi per
nascondere la verità al popolo. Si stanno in tutta fretta trasferendo
truppe a Soma. Il governo sta preparando a chiudere un occhio verso i
veri criminali ed a reprimere la gente di Soma! Giù le mani dalla gente
di Soma, che già sta soffrendo per la morte dei loro cari! Basta con
l’imposizione di uno stato di emergenza di fatto sulla città! I nostri
martiri della classe lavoratrice devono avere una cerimonia funebre
collettiva!
Non dobbiamo credere alle cause del massacro ed al numero dei morti
riportati dal governo. Deve essere creata una Commissione d’inchiesta
indipendente, che includa, tra gli altri, rappresentanti del movimento
sindacale e organismi professionali e associazioni forensi di ingegneri e
fisici, ed a questa commissione si deve garantire l’accesso a tutte le
informazioni e prove.
Deve essere rivista l’intera industria mineraria. Devono essere
prese, sotto il controllo dei lavoratori, tutte le misure necessarie a
dotare le miniere di sicurezze lavorative. Devono immediatamente cessare
le privatizzazioni. Tutte le miniere che in passato sono state
privatizzate, devono essere di nuovo nazionalizzate.
I subappalti devono essere vietati! Sicurezza sul lavoro per tutti!
Tutti gli ostacoli posti sulla via della sindacalizzazione devono essere
rimossi! Giù le mani dal regime di retribuzione di anzianità! Che sia
ritirato il progetto di legge sulle agenzie interinali!
Il lavoratore non è uno schiavo! Si uniscano alla lotta, ora, tutti
coloro che si rifiutano di essere i tirapiedi della classe capitalista!
Cambiamo questo ordine sociale! Solo un governo di lavoratori ed operai
può proteggerci di fronte alla morte!
Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (DIP)
giovedì 15 maggio 2014
Al fianco dei minatori di Soma.
Un'immane catastrofe ha colpito i minatori di Soma, 274 minatori morti e 120 ancora da recuperare.
Purtroppo più passa il tempo, meno possibilità si ha di salvarli.
Il criminale Erdogan ha fatto visita alla miniera, affermando che "sono cose che succedono", incidenti da "sempre accaduti in questo genere di lavori".
Certo, come se morire bruciati o asfissiati in miniera sia una cosa normale... ed in realtà lo è in un sistema in cui il profitto è tutto e la vita niente.
Troppi morti tra i lavoratori, nessuno tra la borghesia.
Statene certi, quando verrà il nostro turno non guarderemo in faccia a nessuno.
Pubblichiamo una canzone del mondo dei minatori, in ricordo delle vittime, che ben fa capire quale sia stata e quella che continua ad essere la condizione dei minatori.
L'autore Mario Rapisardi, ben raffigura nell'ultima strofa, il nostro stato d'animo.
PCL Frosinone.
Giustizia/ Canto dei minatori
Tra cieche forre, tra rocce pendenti
Su’l nostro capo, entr’oscure caverne,
Fra pozzi cupi e neri anditi algenti,
Fra rei mïasmi, fra tenebre eterne,
D’ogni consorzio, dal mondo noi scissi,
A nutrir gli ozj d’ignoti signori,
Noi picconieri di monti e d’abissi
Sepolti vivi scaviamo tesori.
Scaviam tesori noi squallido armento
A voi terreno concilio di Numi,
Tesor di ferro, di zolfo, d’argento,
Tesor di gemme ch’abbagliano i lumi.
A voi la terra vestita di fiori,
Le cene, i cocchi, i teatri, le danze,
Gli stabili ozj, i mutevoli amori,
Il compro riso d’eterne speranze;
A noi non occhio d’azzurro, non sole,
Non aura sana d’amore e di vita,
Non guardo amico, non dolci parole,
Ma pena eterna, ma notte infinita.
Uomini forse non siamo? Qual tristo
Destin c’infligge sì fiera condanna?
S’esiste Dio, se incarnato s’è Cristo,
Perchè a l’inferno ancor vivi ci danna?
Scaviam, scaviam; chi sa? forse tra poco
Ci mozza il fiato quest’aria maligna,
Ci schiaccia il monte, divoraci il foco:
Vedete? in fondo la morte sogghigna.
Scaviam, scaviam le ree viscere a questa
Terra a noi ricca d’obbrobrj e d’affanni;
Finchè un sol guizzo di vita ne resta,
Scaviamo il trono de’ nostri tiranni.
Stridete, su, negre macchine immani,
Argani urlate, picconi battete,
Tuonate, mine, scoppiate, vulcani;
Le nostre tombe mugghiando schiudete.
Venuta è l’ora! Noi vili, noi rei,
Ai forti, ai giusti sorgiamo davanti;
Noi, bulicame d’abietti pigmei,
Mirare in volto vogliamo i giganti.
Noi v’abbiam dato l’immenso tesoro,
Che in sen chiudeva gelosa la terra;
Ma voi, titani de l’ozio, con l’oro
Avete mossa a noi primi la guerra.
Noi v’abbiam l’arche di gemme ripiene,
E voi le figlie ci avete corrotte;
Del ferro avete a noi fatte catene
Per inferrarci a l’errore, a la notte.
Del carbon adro, che l’arti ravviva,
Che vi sfossiamo noi maceri e lerci,
A voi calore, a voi luce deriva
E pingui industrie e volanti comerci.
Per voi spezziam le montagne, per voi
Scendiam ne’ letti de l’igneo granito;
E voi co’l marmo negato agli eroi
Colossi ergete a chi il pan ci ha rapito.
Eppur, vedete? siam buoni e cortesi,
Benchè canaglia da forca e da fogna:
Patrizj biondi, panciuti borghesi,
Brindiamo un po’, non abbiate vergogna:
Brindiamo insieme al Lavoro che affranca,
A la Giustizia che l’opere abbella,
Al pan che a noi, a l’onor che a voi manca,
Ed a la Pace che tutti affratella.
Ma voi fremete, ed offesi dal lezzo
Dei nostri cenci torcete la faccia,
E ci lanciate co’l vostro disprezzo
Un duro tozzo e una vecchia minaccia.
Voi minacciate? Codardi! Com’angue
Le cento lingue il nostr’odio saetta:
Non vogliam pane, ma sangue, ma sangue,
Ma un giorno solo d’allegra vendetta.
mercoledì 14 maggio 2014
Pravyi Sector e le debolezze dei comunisti.
Dalle prime lotte di piazza sino ai drammatici massacri ucraini, emerge con una forza incontenibile un movimento che per organizzazione ed efficienza non ha rivali in Europa: Pravyi Sector, Settore Destro.
Forza ultranazionalista e dichiaratamente nazista, formata da accorpamenti di varie organizzazione neonaziste, caratterizzata da un paramilitarismo estremamente efficiente, nelle strade ucraine non ha rivali.
Per quanto sia difficile capire i suoi meccanismi e soprattutto la sua costruzione, proviamo ad analizzarne qualche pecularietà organizzativa.
Centralità della questione militare.
Il neonazismo ucraino, come gran parte di quello europeo ed americano, ha posto come centrale la costruzione paramilitare dell'organizzazione. Dalla caduta degli stati operai degenerati nell'Est Europeo, queste formazioni hanno avuto il maggiore vantaggio.
Si sono ricostuite velocemente, hanno formato prevalentemente piccoli nuclei illegali di soldati veri e propri, sono stati foraggiati e coperti dalla vecchia burocrazia riciclatasi nei nuovi assetti politici post' 89.
Si sono addestrati a combattere, a sparare, a studiare tecniche corpo a corpo, ad uccidere. Hanno partecipato in vari scenari di guerra, specie in Cecenia con le ali militari islamiche.
Essendo gia un'esercito bello che formato, cogliendo la rapida perdita di popolarità del governo Yanucovich, la galassia neonazista si è unita in un organizzazione unica, ben riconoscibile appunto Pravyi Sector, punta di diamante degli scontri di piazza Maidan.
La formazione ha egemonizzato la piazza non tanto per la sua ideologia, ma proprio per la sua capacità di lotta, il suo addestramento, la sua potenza nello scontro.... in poche parole per la sua organizzazione.
Combattere dietro gli schieramenti di Pravyi Sector, in quel di Maidan, era come combattere dietro qualsiasi esercito. Pravyi Sector fu difficilmente ostacolabile.
Quindi, a nostro modo di vedere, non è stato tanto il messaggio politico che ha portato Settore Destro in testa alle proteste, ma la sua capacità nello scontro.
La debolezza dei Comunisti.
E' chiaro, cristallino che la debolezza dei comunisti, non solo ucraini, risiede proprio nell'aver volutamente ignorato la preparazione militare dei propri militanti.
I comunisti ( di qualsiasi corrente) hanno perso la capacità di far propria la questione militare, di creare squadre di autodifesa capaci di opporsi alle squadracce della borghesia. Nella maggior parte dei casi tale concetto è rimasto soltanto un vuoto appello.
Anni di riformismo, anni di rimozione del fine della lotta di classe hanno portato a questo indebolimento, difficilmente colmabile.
I compagni ucraini che si muovono contro le milizie di Pravyi Sector sono sempre più dei martiri, con i loro carrozzoni, la loro impreparazione.
I giovani compagni, impavidi militanti vanno al massacro... totalmente inferiori come preparazione a Settore Destro.
Non basta il coraggio, questo ci riempie di rabbia.
Come fa un'organizzazione, che in teoria dovrebbe dirigere il proletariato a sottovalutare un tema tanto importante?
Come cazzo fa un'organizzazione che deve guardarsi dalla repressione "democratica" e dalle squadre padronali a sottovalutare certe tematiche...
Ci piange il cuore nel vedere i compagni trucidati, uccisi non tanto dalla teppa nazista, ma dalle sciagurate posizioni dei pacifisti di turno, che ahinoi, hanno messo le radici nei settori operai e popolari a livello internazionale.
Si pensi agli sciagurati della lista Tsipras...
Cosa farebbero tali pacifisti davanti alle falangi di Pravyi Sector... consegnerebbero nelle loro mani gli ingenui seguaci e parte del proletariato
Continuiamo su questa strada, tanto poi i giovani vanno al massacro e i politicanti di turno continuano ad ingrassare sulla pelle degli altri.
Se l'estrema destra alzasse la testa anche in Italia, nel profondo della crisi, pace alle anime nostre.
La storia insegna... per una volta abbiamo il coraggio di apprendere.
PCL-Frosinone.
giovedì 8 maggio 2014
L’autodifesa
operaia
Lev Trotsky
Ogni
Stato è l'organizzazione della coercizione della classe dominante. Il regime
sociale rimane stabile fino a che la classe dominante è capace, attraverso il
proprio Stato, di imporre la propria volontà alle classi sfruttate. La polizia
e l'esercito sono gli strumenti più importanti dello Stato. I capitalisti fanno
a meno -non del tutto, se è il caso- di conservare propri eserciti privati, li
sciolgono a vantaggio dello Stato, in modo da impedire in qualsiasi caso alla
classe operaia di creare il proprio esercito.
Durante
l'ascesa del sistema capitalista, il monopolio di Stato sulle forze armate è
percepito come un fatto naturale, anche dalle classi oppresse.
Prima
dell'ultima guerra mondiale, la socialdemocrazia internazionale, anche nei suoi
periodi migliori, non ha mai posto la questione dell’armamento degli operai.
Peggio ancora, rifiutava quest'idea come un'eco romantica di un passato lontano.
Soltanto
nella Russia zarista il giovane proletariato, nel corso dei primi anni del
secolo, ha cominciato a ricorrere all'armamento di propri distaccamenti di
combattimento. (…)
In
Europa la questione del distaccamento di operai armati non si è posta che verso
la fine della guerra e negli Stati Uniti più tardi ancora. In ogni caso, senza
eccezione, era ed è la reazione capitalista che comincia per prima a costruire
delle organizzazioni speciali di combattimento che coesistono con la polizia e
l'esercito dello Stato borghese. Ciò si spiega con il fatto che la borghesia
vede più lontano ed è più brutale del proletariato. Sotto la pressione delle
contraddizioni di classe, essa cessa di appoggiarsi esclusivamente sul proprio
Stato nella misura in cui quest'ultimo è ancora legato da norme
“democratiche”. Il sorgere di
organizzazioni di combattimento di “volontari” , che hanno come obiettivo
l'eliminazione fisica del proletariato, costituisce un sintomo indubitabile che
la disintegrazione della democrazia è cominciata, giacche non è più possibile
comporre le contraddizioni di classe con i vecchi metodi.
La
speranza dei partiti riformisti, della seconda e della Terza Internazionale e
dei sindacati, che gli organi dello Stato democratico li difendano contro le
bande fasciste si è rivelata, sempre e ovunque, illusoria. Durante crisi gravi
la polizia ha sempre un atteggiamento di amichevole neutralità – quando non
di aperta collaborazione – con le bande controrivoluzionarie. Ma, ed è il
risultato del gran vigore delle illusioni democratiche tra gli operai, essi sono
molto lenti a organizzare i propri distaccamenti di combattimento. Il termine
“autodifesa” corrisponde totalmente alle loro intenzioni, almeno nel primo
periodo, perché l'attacco proviene sempre prima dalle bande
controrivoluzionarie. Il capitale monopolistico, che le sostiene, scatena una
guerra preventiva contro il proletariato per impedirgli di fare la
rivoluzione socialista.
Il
processo per il quale si costituiscono dei distaccamenti operai di difesa è
indissolubilmente legato a tutto il corso della lotta delle classi di un paese e
riflette quindi le sue accelerazioni e i suoi inevitabili rallentamenti, i suoi
flussi e i suoi riflussi. La rivoluzione scoppia in una società non in seguito
ad un processo continuo immutabile, ma attraverso una serie di convulsioni,
separate da diversi intervalli, a volte lunghi e prolungati, durante i quali
l’idea stessa di rivoluzione sembra perdere ogni relazione con la realtà. Di
conseguenza la parola d’ordine dell’autodifesa avrà eco in un determinato
periodo, ma in un altro momento sembrerà una predica nel deserto, per poi, di
nuovo, ritrovare, dopo un certo tempo, una nuova popolarità.
(…)
In
certi luoghi è difficile attirare su questo l'attenzione degli operai. In
altri, dove numerosi operai si sono uniti ai gruppi di autodifesa, i
responsabili non sanno come utilizzare quest'energia operaia. L'interesse
scompare. Niente di cui stupirsi o inquietarsi: tutta la storia dell'autodifesa
operaia è storia un'alternanza tra periodi di ascesa e di declino, gli uni e
gli altri riflesso degli spasmi della crisi sociale .
I
compiti del partito proletario nel campo dell'autodifesa operaia sorgono dalle
condizioni generali della nostra epoca, così come dai suoi alti e bassi. E’
molto più facile attirare settori relativamente ampi della classe operaia nei
distaccamenti di combattimento nel momento in cui le bande reazionarie attaccano
direttamente i picchetti, i sindacati, la classe operaia, ecc. Però quando
borghesia ritiene più prudente abbandonare le truppe irregolari del1e bande e
antepone i propri metodi “democratici” di dominio sulle masse l'interesse
degli operai per l'autodifesa non può che diminuire. Ed è ciò che sta
accadendo ora. Questo significa che in queste condizioni dobbiamo rinunciare ad
armare l'avanguardia? Assolutamente no.
Oggi,
nel momento in cui la guerra mondiale sta per cominciare, noi partiamo più che
mai dal carattere inevitabile e imminente della rivoluzione proletaria
internazionale. Quest'idea fondamentale, che distingue la Quarta Internazionale
da tutte le altre organizzazioni operaie, è ciò che determina tutte nostre
attività, comprese quelle che ci portano all'organizzazione dei distaccamenti
di autodifesa. Eppure ciò non significa che non dobbiamo tenere conto delle
fluttuazioni congiunturali dell'economia o della politica, con loro flussi e
riflussi temporanei. Se si parte dalla caratterizzazione globale della nostra e
epoca e da niente altro, ignorando le sue tappe concrete, si può facilmente
cadere nel settarismo, nello schematismo o nella fantasia da Don Chisciotte. A
ogni svolta notevole della situazione, noi adeguiamo i nostri compiti
fondamentali alle condizioni concrete di ciascuna determinata tappa così
mutate. È in questo che sta tutta l'arte della tattica.
Avremo
bisogno di quadri di partito specializzati sulle questioni militari. Ecco perché
bisogna continuare a formarli teoricamente e praticamente, anche in questo
momento, durante la risacca. Il lavoro teorico deve consistere nello studio
dell’esperienza delle organizzazioni militari e delle organizzazioni di
combattimento dei bolscevichi, dei nazionalisti rivoluzionari irlandesi e
polacchi, dei fascisti, delle milizie spagnole e altro. Dobbiamo elaborare un
programma di studio–tipo e formare una biblioteca su queste questioni,
prevedere delle esposizioni, ecc.
lunedì 5 maggio 2014
In ricordo di Bobby Sands, combattente antimperialista, pubblichiamo un suo racconto scritto ai tempi delle sofferenze in carcere.
Onore a Bobby, onore a tutti i compagni vittime dell'imperialismo.
PCL Frosinone
LO SPIRITO DELL’ALLODOLA
di Bobby Sands
Mio
nonno una volta mi disse che imprigionare un'allodola è un delitto
fra i più crudeli, perché è uno dei simboli più
alti della libertà e felicità. Parlava spesso dello spirito
dell'allodola, quando raccontava la storia di un uomo che ne aveva rinchiusa
una in una piccola gabbia.
L'allodola, soffrendo per la perdita della sua libertà, non cantava più, non aveva più nulla di cui essere felice. L'uomo che aveva commesso questa atrocità, come la chiamava mio nonno, voleva che l'allodola facesse quello che lui desiderava. Voleva che cantasse, che cantasse con tutto il cuore, che esaudisse i suoi desideri, che cambiasse il suo modo di essere per adattarsi ai suoi piaceri.
L'allodola si rifiutò e l'uomo si arrabbiò e divenne violento. Egli cominciò a fare pressioni sull'allodola perché cantasse, ma non raggiunse alcun risultato. Allora fece di più. Coprì la gabbietta con uno straccio nero e le tolse la luce del sole. La fece soffrire di fame e la lasciò marcire in una sudicia gabbia, ma lei ancora rifiutò di sottomettersi.
L'uomo l'ammazzò.
L'allodola, come giustamente diceva mio nonno, aveva uno spirito: lo spirito della libertà e della resistenza.
Voleva essere libera, e morì prima di sottomettersi al tiranno che aveva tentato di cambiarla con la tortura e la prigionia.
Sento di avere qualcosa in comune con quell'allodola e con la sua tortura, la prigionia e alla fine l'assassinio. Lei aveva uno spirito che non si trova comunemente, nemmeno in mezzo a noi umani, cosiddetti esseri superiori.
Prendi un prigioniero comune, il suo scopo principale è di rendere il suo periodo di prigionia il più facile e comodo possibile. Alcuni arrivano ad umiliarsi, strisciare, vendere altri prigionieri, per proteggere se stessi e affrettare la propria scarcerazione. Si conformano ai desideri dei loro carcerieri e, a differenza dell'allodola, cantano quando gli dicono di cantare e saltano quando gli dicono di muoversi.
Sebbene il prigioniero comune abbia perso la libertà, non è preparato ad arrivare alle estreme conseguenze per riconquistarla, né per proteggere la propria umanità. Costui si organizza in vista di un rilascio a breve scadenza. Ma, se incarcerato per un periodo abbastanza lungo, diventa istituzionalizzato, diventa una specie di macchina, incapace di pensare, controllato e dominato dai suoi carcerieri.
Nella storia di mio nonno era questo il destino dell'allodola, ma lei non aveva bisogno di cambiare, né voleva farlo, e morì per questo.
L'allodola, soffrendo per la perdita della sua libertà, non cantava più, non aveva più nulla di cui essere felice. L'uomo che aveva commesso questa atrocità, come la chiamava mio nonno, voleva che l'allodola facesse quello che lui desiderava. Voleva che cantasse, che cantasse con tutto il cuore, che esaudisse i suoi desideri, che cambiasse il suo modo di essere per adattarsi ai suoi piaceri.
L'allodola si rifiutò e l'uomo si arrabbiò e divenne violento. Egli cominciò a fare pressioni sull'allodola perché cantasse, ma non raggiunse alcun risultato. Allora fece di più. Coprì la gabbietta con uno straccio nero e le tolse la luce del sole. La fece soffrire di fame e la lasciò marcire in una sudicia gabbia, ma lei ancora rifiutò di sottomettersi.
L'uomo l'ammazzò.
L'allodola, come giustamente diceva mio nonno, aveva uno spirito: lo spirito della libertà e della resistenza.
Voleva essere libera, e morì prima di sottomettersi al tiranno che aveva tentato di cambiarla con la tortura e la prigionia.
Sento di avere qualcosa in comune con quell'allodola e con la sua tortura, la prigionia e alla fine l'assassinio. Lei aveva uno spirito che non si trova comunemente, nemmeno in mezzo a noi umani, cosiddetti esseri superiori.
Prendi un prigioniero comune, il suo scopo principale è di rendere il suo periodo di prigionia il più facile e comodo possibile. Alcuni arrivano ad umiliarsi, strisciare, vendere altri prigionieri, per proteggere se stessi e affrettare la propria scarcerazione. Si conformano ai desideri dei loro carcerieri e, a differenza dell'allodola, cantano quando gli dicono di cantare e saltano quando gli dicono di muoversi.
Sebbene il prigioniero comune abbia perso la libertà, non è preparato ad arrivare alle estreme conseguenze per riconquistarla, né per proteggere la propria umanità. Costui si organizza in vista di un rilascio a breve scadenza. Ma, se incarcerato per un periodo abbastanza lungo, diventa istituzionalizzato, diventa una specie di macchina, incapace di pensare, controllato e dominato dai suoi carcerieri.
Nella storia di mio nonno era questo il destino dell'allodola, ma lei non aveva bisogno di cambiare, né voleva farlo, e morì per questo.
sabato 3 maggio 2014
Con gli antifascisti ucraini. Onore ad Andrea Brazhevsky
Solidarietà ai compagni ucraini impegnati nella lotta al fascismo, foraggiato da USA ed Europa.
Andrea Brazhevsky, compagno rivoluzionario di Borotba ha perso la vita lottando contro i nazisti ad Odessa.
Esprimiamo solidarietà a Borotba, ribadendo che l'unico fascista buono è quello morto.
La tua morte Andrea, ne siamo certi, sarà vendicata.
PCL Frosinone.
Il comunicato di Borotba in ricordo di Andrea
«Andrea Brazhevsky è stato ammazzato ad Odessa dai neonazisti. Con altri compagni di Borotba, stava difendendo il Campeggio "Kulikova Fields". Insieme a loro, a causa dell'assalto di forze soverchianti neonaziste che hanno attaccato e bruciato le tende del campeggio, si dovette ritirare verso la Casa dei sindacati.
Andrea era un compagno fedele, coraggioso, disciplinato. Ha lavorato come programmatore, ma la sua vera vocazione era l'attività politica militante. Andrea era un comunista convinto, che aveva dedicato un sacco di tempo alla auto-educazione, a leggere i classici del marxismo, nonché dei moderni autori di sinistra. Odessa ricorda questo ragazzo modesto, intelligente, che è sempre voluto stare in prima linea.
Quando il potere in Ucraina è passato alle forze neo-naziste, Andrea si è arruolato nelle milizie popolari di Odessa per difendere la città dagli squadristi nazisti. Purtroppo, quel giorno fatale, la superiorità, era dei nostri nemici.
Nella vita e nella morte, Andrea ha mostrato quale dev'essere il percorso del vero combattente comunista.
Andrea, la tua morte non rimarrà impunita.
I neo-nazisti non saranno padroni nelle nostre città, nelle nostre strade.
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